da Milano
Ci voleva una scadenza ferrea per riportarlo sotto i riflettori. E, come dice lui, «se cè una data fissa, ineludibile in questo Paese è quella del Festival di Sanremo». Così, Daniele Silvestri chiude i lavori del nuovo album giusto in tempo per la kermesse canora più amata dagli italiani: Il latitante, come si sente lui che ama la privacy e come recita il titolo della sua nuova fatica discografica, esce il 2 marzo (etichetta Sony): 13 brani che spaziano, con il tradizionale piglio anarchico, tra generi musicali variopinti. Il cantautore romano non si dava da fare dai tempi di Salirò e dellalbum Unò-Duè, anno 2002, un altro Sanremo: fece ballare le classifiche (più che lAriston, come al solito imbalsamato) con lausilio dellattore-ballerino Fabio Ferri, protagonista di una coreografia dance anni 70 irresistibilmente kitsch. Poi, un concerto del Primo Maggio nel 2003. Insomma, se lè presa comoda. «Ho fatto il papà e ho inevitabilmente perso il passo da compositore - ammette Silvestri -. Così, mi sono sforzato di cambiare lapproccio compositivo, insomma ero stanco dei soliti accordi». Da questa «rivoluzione» è nato Il latitante e soprattutto La paranza, il brano ritmico latino atteso al Festival. Titolo «ittico» che - a prescindere dal primo esplosivo verso («Mi sono innamorato di una stronza») - parla di amore, di sociale e di... odori. Tutto in tre minuti tre? Ebbene sì. «Lho composta in una serata, poi lho tenuta nel cassetto per un anno e mezzo. Racconto dellarte della fuga, di come siamo bravi a scappare da una donna rompipalle, ma anche dal mondo. La canzone parla anche di come gli italiani si assuefano a qualsiasi tipo di odore, seppur cattivo». Per La paranza, rivela Silvestri, cè pronta una coreografia che, però, «chissà se mi permetteranno di fare».
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