Silvio infiamma i colleghi. "Discorso sacrosanto, è un vero combattente"

Il presidente del Ppe a Strasburgo: «Ha fatto bene, qui la percezione è distorta dalla stampa di sinistra»

Silvio infiamma i colleghi. "Discorso sacrosanto, è un vero combattente"

«Erano parole ineccepibili, la fotografia della realtà. Ora ci manca solo che non posso raccontare come stanno le cose in Italia davanti al congresso del Partito popolare europeo che, vista la rappresentatività del Pdl, considero un po’ come casa mia». Silvio Berlusconi risponde così a chi in privato gli fa notare la valanga di dichiarazioni e di critiche che arrivano dall’Italia. Non tanto quelle nel merito, quanto quelle sull’opportunità di tenere un simile intervento davanti al congresso del Ppe. Una scelta niente affatto casuale, visto che nelle intenzioni del Cavaliere c’è proprio quella di «mettere al corrente» i colleghi europei della «realtà italiana» che a loro «arriva distorta dai giornali di sinistra».
E invece da Roma si sbracciano in molti, soprattutto nell’opposizione, per cucire su Berlusconi l’ennesima gaffe. Così, si passa da chi definisce il premier un «bullo» a chi gli dà del «caudillo sudamericano», fino ad arrivare al segretario del Pd Pierluigi Bersani che non può che prendere atto del fatto che ormai «il rischio populismo» del nostro Paese «preoccuperà anche il Ppe». Di certo, allarma il presidente dell’Udc Rocco Buttiglione che appena finito di ascoltare l’intervento del Cavaliere lo accusa di dare dell’Italia «l’immagine del Paese di Pulcinella» perché «le beghe interne non si devono portare in Europa». Un concetto su cui coraggiosamente insistono anche nell’opposizione, proprio gli stessi - ricorda l’eurodeputata del Pdl Licia Ronzulli - che due mesi fa hanno chiesto al Parlamento di Strasburgo di difendere la nostra democrazia e votare una mozione sulla libertà di stampa in Italia.
Il punto, però, è che lo sdegno italiano non corrisponde affatto al clima che si respira a Bonn. In primo luogo perché se davvero fosse stata così tanto sgradita la sortita di Berlusconi, con ogni probabilità Antonio Tajani non sarebbe stato riconfermato vicepresidente del Ppe con 366 voti, oltre 300 in più rispetto a quelli della sola delegazione del Pdl. Un segnale che trova conferma anche nelle parole di due membri illustri del Partito popolare europeo. Il primo è Peter Hintze, rieletto ieri primo vicepresidente del Ppe. Sottosegretario all’Economia in Germania e uomo forte di Angela Merkel in Europa, Hintze definisce il discorso di Berlusconi «davvero splendido». «Ha parlato - spiega lasciando il Congresso - da vero combattente che lotta contro la sinistra europea». Allo stesso modo Wilfried Martens, neopresidente del Ppe. Che non entra nel merito dell’intervento del Cavaliere ma ci tiene a dire che «dopo la Prima guerra mondiale» Berlusconi «è il primo presidente del Consiglio italiano ad avere una maggioranza così forte». Difficile, insomma, interpretarla come una presa di distanza.
Decisamente più netto, invece, il francese Joseph Daul, presidente del gruppo del Ppe a Strasburgo dal 2007. «L’intervento di Berlusconi? Sacrosanto. Ha fatto un ottimo discorso, molto ascoltato e apprezzato». E all’obiezione sull’opportunità di affrontare in questa sede le questioni interne italiane, Daul risponde così: «Qui arriva una percezione distorta dalla stampa di sinistra, bene ha fatto a dire la sua. Anche perché nei giudici che stabiliscono da soli della vita e della morte delle persone io non ho alcuna fiducia. I tribunali sono un’altra cosa, ma i giudici hanno da soli il potere di metterti in manette dalla sera alla mattina senza neanche chiederti scusa quando finalmente ti viene riconosciuta la tua innocenza». Insomma, Berlusconi non ha fatto altro che «replicare» a «quella stessa sinistra» che due mesi fa voleva far approvare al Parlamento di Strasburgo una mozione sulla mancanza di libertà di stampa in Italia.

Quella stessa sinistra che «insinua che il vostro non sia più un Paese democratico e uno Stato di diritto». Nel Ppe, insomma, non sembrano così «preoccupati» come auspica Bersani. Almeno stando alle parole del presidente, del vicepresidente vicario e del capogruppo al Parlamento europeo.
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