Silvio punta al partito del Sud mentre scoppia il caso Miccichè

Mezzogiorno in fibrillazione. Il sottosegretario annuncia la nascita del Partito del popolo siciliano. Il Cav: "Scelta intempestiva". In vista la nomina a sottosegretario per Musumeci, uno dei fondatori della Destra

nostro inviato a Taormina (Messina)

Quando giovedì scorso Berlu­scon­i ha detto chiaro e tondo in Con­siglio dei ministri che i cinque sicilia­ni fuoriusciti dall'Udc sono «già an­dati dal notaio a firmare l'atto di na­scita di un nuovo partito», Alfano non ha potuto che mettersi le mani sul viso in segno di rassegnazione. Ci sono cose, avrà pensato il Guarda­sigilli, che sarebbe bene non pubbli­cizzare. E più o meno la stessa espressione, ma per ragioni ben di­verse, l’ha fatta il Cavaliere ieri dopo essersi letto l'intervista in cui Micci­chè annunciava l'intenzione di la­sciare il Pdl e fondare il Partito del popolo siciliano. Un'uscita che in ae­reo­il premier non esita a definire in­tempestiva, sbagliata nei tempi (vi­sto la trattativa in concorso con l'Mpa di Lombardo a livello naziona­le) e nei modi (perché non si può da­re del fascista a La Russa che del Pdl è uno dei coordinatori). Più o meno quello che in chiaro dice anche la Prestigiacomo, forse l'ultimo dei pontieri nella faida tutta siciliana tra Micciché da una parte e Schifani e Alfano dall'altra. Ed è soprattutto la tempistica a preoccupare Berlusconi. Che dal palco della festa nazionale della De­stra ribadisce che «alcuni parlamen­tari siciliani » che «non sono d'accor­do con la politica del loro partito» stanno «pensando di dar vita a una nuova formazione politica». Il riferi­mento, ovviamente, è al gruppo cen­trista guidato da Romano. Anche se l'operazione sarebbe di ben più am­pio respiro. E dovrebbe coinvolgere anche Campania, Calabria e Puglia in modo da dar vita a un vero e pro­prio partito del Sud. Il nome? Ci so­no diverse ipotesi, da Alleanza per il Sud a Popolo del Sud. D'altra parte, non è un caso che prima di venire ribattezzato dai giornali «gruppo di responsabilità nazionale» l'ipoteti­ca pattuglia cuscinetto per far fronte al Fli alla Camera si chiamasse pro­prio «gruppo meridionalista». Un'operazione benedetta dal Ca­valiere ma­ci tiene a ripetere il pre­mier nelle sue conversazioni priva­te - frutto dell'insoddisfazione di molti parlamentari verso i loro parti­ti e non certo pilotata dall'alto. Ov­vio però che Berlusconi non si tiri in­dietro. Tanto che se ieri è sceso a Ta­ormina per la festa del p­artito di Sto­race e Buontempo oggi interverrà te­lefonicamente a quella di Noi Sud a Summonte, vicino Avellino. Aperta ieri proprio da Fitto, il ministro che si sta occupando di quel Piano per il Sud - 100 miliardi di euro tra fondi europei, varie ed eventuali - che sa­rà uno dei cinque punti che il pre­mier illustrerà in Parlamento il 29 settembre. Insomma, l'attenzione di Berlusconi per il Mezzogiorno non è mai stata così alta. Al punto che ieri ha incontrato i vertici sicilia­ni del Pdl Vizzini, Castiglione e Firra­rello. Nonché il governatore Lom­bardo cui ha assicurato che l'uscita di Micchiché «è stata un errore». In­somma, un tacito via libera al leader dell'Mpa che vuol dar vita a una nuo­va giunta regionale con finiani e Pd. Purché l'Mpa appoggi il governo a Roma. E con la soddisfazione di po­ter ri­nfacciare al presidente della Ca­mera quello che da tempo pensa: or­mai fa il gioco dell'opposizione, in Si­cilia ci va pure a braccetto. Insomma, se la via del gruppo au­tono­mo a Montecitorio sembra im­praticabile, è decisamente più in di­scesa l'ipotesi di un nuovo partito tutto sudista. In cui magari conver­ga pure il Pri di Nucara che la prossi­ma settimana sarà nuovamente a Palazzo Grazioli. Di qui l'attenzione quasi maniacale che Berlusconi sta mettendo in queste ore al Piano per il Sud. E l'ipotesi sempre più gettona­ta è che al ministero dello Sviluppo possa finirci proprio Fitto, in modo da dare un concreto segnale di svol­ta. Ed è per la stessa ragione che il siciliano Musumeci, vicesegretario della Destra, potrebbe entrare nel governo come sottosegretario.

Un'operazione che punta sì a cata­lizzare consensi sul governo, ma che vuole anche riequilibrare un esecutivo che in questi due anni è stato decisamente a trazione leghi­sta. Si dovesse andare al voto antici­pato - l'ipotesi di elezioni a marzo non è affatto tramontata - la cassa­forte dei voti del Pdl resta pur sem­pre il Sud. E la Sicilia in particolare.  

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