Caro Granzotto, spero che lei non mi consideri uno sprovveduto. Sono laureato, pratico con soddisfazione e con un certo successo la professione di ingegnere, leggo oltre al «Giornale», «il Foglio» e seguo linformazione televisiva. Bene, non vorrà credermi ma alla fin della fiera io non ho ancora capito qual è laccusa mossa da «Repubblica» a Silvio Berlusconi. Accusa, intendo dire, tale da pregiudicare la sua permanenza a Palazzo Chigi. Essendo esclusa, perché priva di risvolti negativi sociali e giudiziari, quella di andare a femmine, come diciamo dalle nostre parti. Le confesso che nei momenti caldi ho anche acquistato «Repubblica», proprio per cercare di capire. Ma sarà che sono corto, sarà che quelli non si spiegano bene, fatto sta che il capo di imputazione ancora mi è ignoto. Me lo potrebbe comunicare lei?
Mica facile accontentarla, caro Traversi. Da principio un capo daccusa «forte» sembrava esserci, anche se detto e non detto dai repubblicones: atti impuri con minorenne. Ma presto, diciamo pure subito, a Largo Fochetti si resero conto che era una imputazione insostenibile per mancanza non tanto di prove, non tanto di semplici indizi, quanto di seppur vaghe voci (e si passò al «da poco maggiorenne», come a dire mannaggia, questione di giorni e lo avremmo messo nel sacco). Ciò non impedì alle iene, che intanto avevano assaporato il sapore del sangue, di mollare la presa. In fondo lantiberlusconismo può tranquillamente nutrirsi di se stesso, pensarono, mica ha bisogno di enunciati o di presupposti. E così, il pettegolezzo, le foto rubate, le dichiarazioni (lusinghiere, va detto, per Berlusconi) della escort a tassametro DAddario furono dai repubblicones comprese in un generico «scandalo politico» che però nessuno ha mai capito in che cosa consista. Tanto più che le imprese del Papi Superman restavano circoscritte alla vita privata, intima dellinteressato e la storia che il privato è politica non la beve più nemmeno Ida Dominijanni, che pure è tosta. O Adriano Sofri, il teorico dello sciacquamento in pubblico dei panni privati (escluso i suoi). E poi, a che serve un pretesto? Il pensiero dominante dellantiberlusconismo riposa in questo assioma: Berlusconi è comunque colpevole, per il solo fatto di essere Berlusconi. Tuttavia questo sbrigativo modo di liquidare la faccenda non soddisfa appieno le coscienze critiche della nazione, quei fini intellettuali che Palmiro Togliatti, un grande, definì utili idioti. Non che gli utili idioti non siano anchessi consacrati allantiberlusconismo, no, questo no. Sono e si vantano dessere antiberlusconiani, però con classe, con intelligenza. Con uso di mondo. Per costoro il killeraggio mediatico-gossiparo va bene ed anzi, va benissimo, ma preferiscono che muova non da un fatto personale, ma da qualcosa di più eticamente elevato. Come la denuncia delluso improprio e dunque colpevolissimo che Berlusconi fa del potere che gli deriva dallessere capo di governo. Aedo di questa visione «alta» dellantiberlusconismo è Michele Serra il quale, sia detto a scanso di equivoci, non è né idiota né utile. Egli scrive che lo «scandalo» di Berlusconi «non sono le sue abitudini sessuali, ma lo smercio di candidature il cambio di sesso». Laver - è sempre lelegante, il signorile Serra a parlare - «fatto senatrici le sue cavalle».
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