Pier Luigi Bersani sbaglia a rifiutare l’offerta di Silvio Berlusconi di un piano bipartisan per la crescita con l’argomento che il tempo è scaduto. Il tempo non è affatto scaduto: inizia proprio ora, in quanto la politica della crescita va attuata solo dopo avere acquisito il rigore dei conti pubblici, in cui il governo si è impegnato a fondo. La proposta del premier si collega alle decisioni che stanno maturando a livello europeo, come condizione affinché la Germania, con la Francia, dia il suo assenso a un fondo permanente di stabilizzazione di ampia portata per gli interventi a sostegno del debito pubblico dei Paesi con possibili rischi debitori. Si ritiene infatti essenziale che i Paesi con debiti elevati accelerino il proprio tasso annuo di crescita del Prodotto nazionale in quanto, a parità di debito pubblico, se il Pil aumenta, automaticamente il rapporto fra debito pubblico e Pil si riduce. E Berlusconi ha osservato che la Germania ( che qualche anno fa aveva la stessa malattia dell’Italia),pur partendo da un Pil pro capite più alto e da un apparato indu-striale molto più importante, è riuscita ad attuare le riforme per la crescita grazie alla collaborazione del partito popolare tedesco con il governo socialdemocratico di Schroeder, al successivo governo di coalizione fra i due partiti e ora con il governo di Angela Merkel con i liberali, con la collaborazione dei socialdemocratici su punti importanti. Silvio Berlusconi ha presentato un patto per la crescita, in parte notevole, volto ad allinearci a questo modello, che contiene cinque punti base sui quali impegnarsi. Il primo è il «no» a imposte patrimoniali straordinarie che toserebbero il risparmio, che è la base si cui si regge l’economia e la società libera, basata sulla famiglia con la proprietà della casa e un lavoro non proletario. Il secondo punto è il «no» a nuove tasse, che graverebbero sui soliti che pagano già. Chi dice che «il tempo è scaduto» forse non ha il coraggio di accettare questi due punti preliminari «negativi», perché vuole la politica tributaria basata sull’odio di classe verso chi si è fatto la casa (in parte col risparmio accumulato e in parte col mutuo) e ha anche un gruzzoletto in banca, in titoli, per la sicurezza del futuro. Ci sono poi altri tre punti «propositivi». Il primo dovrebbe piacere a Bersani: è quello delle «lenzuolate di liberalizzazioni ».Berlusconi propone di mo-dificare l’articolo 41 della Costituzione, e con esso il nuovo Titolo V della Costituzione sulle competenze delle Regioni, per stabilire in modo chiaro che «l’iniziativa economica privata è libera salvo per le regole che servono per attuare la libera concorrenza, nel quadro dei principi europei». C’è molto da fare nelle liberalizzazioni.Attualmente l’Italia,nelle rilevazioni della Banca Mondiale sul doing business, èal76˚ postosu183Statiperquantoriguarda l’avvio di una impresa; all’85˚ per quanto riguardaipermessidicostruzione; al98˚perl’acquisto e cessione di proprietà immobiliari; all’ 87˚perla difficoltàecostositànell’ottenimento di credito; al 57˚ per la tutela del diritto di investimento; al138˚ perla tassazioneconsiderata dal punto di vista internazionale; al 50˚ per il commercio interstatale; al 156˚ per le controversie relative all’applicazione dei contratti. Un problema particolare di liberalizzazioni riguarda le opere pubbliche, la cui attuazione in Italia è lentissima. Il secondo punto propositivo del presidente Berlusconi riguarda le privatizzazioni. Le società per azioni pubbliche minori in Italia sono circa 4.750 e vi si aggiungono 2.350 consorzi, quasi tutti di enti locali. In totale 7mila imprese, con 25mila amministratori pubblici, che potrebbero essere privatizzate, migliorando i conti pubblici, creando lavoro e ricchezza e migliorando i servizi, come lo smaltimento dei rifiuti e la gestione delle acque potabili e reflue. C’è inoltre un grosso patrimonio immobiliare pubblico che i privati saprebbero valorizzare. Il terzo punto del programma propositivo riguarda la defiscalizzazione a favore dei giovani e delle imprese, da effettuare mediante il recupero della base imponibile attualmente nascosta. La cedolare secca sulle abitazioni in affitto e la riduzione a metà dell’Imu, l’Imposta municipale sugli immobili che assorbirà Ici ed Irpef per gli immobili detenuti dal proprietario quando li dà in affitto, sono un tipico esempio di quel che si può fare in questa direzione, con aliquote ridotte. Molte case con fitti in nero adibiti a alloggi, uffici e aziende oggi sono ufficialmente sfitte.
La riduzione a metà del-l’Imu per chi affitta, assieme ai controlli comunali e alle sanzioni severe possono far emergere questa economia sommersa. Secondo Rutelli, in questa proposta c’è un’insidia. È vero: l’insidia c’è. È quella di passare dalle chiacchiere ai fatti e stabilire da che parte si sta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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