Sindacato all’angolo Gli operai della Ferrari bocciano la Fiom

I dipendenti respingono la linea della rappresentanza comunista. Un delegato di Brescia: «La contrattazione si sta spostando a livello aziendale»

Sindacato all’angolo Gli operai della Ferrari bocciano la Fiom

nostro inviato a Padova

L’ultimo smacco arriva dalla Ferrari mentre il presidente Luca di Montezemolo sta per lasciare Confindustria. I dipendenti del Cavallino hanno approvato, a larghissima maggioranza (73 per cento degli operai e 89 degli impiegati) e con il record di partecipazione (79 per cento), il referendum sulla riorganizzazione interna. La Fiom-Cgil era contraria e aveva invitato a non votare, a differenza di Fim-Cisl e Uilm. È passata una settimana da quando Montezemolo aveva detto basta ai «professionisti del veto»: «I lavoratori non si sentono più rappresentati da forze politiche e sociali incapaci di dare risposte vere ai loro problemi concreti. E sono molto più vicini alle nostre posizioni che non a quelle dei sindacalisti». L’altro giorno Emma Marcegaglia ha insistito che è «ineludibile rivedere gli assetti contrattuali». Ecco la riprova. I sindacati rappresentano sempre meno i lavoratori. Le urne che hanno cancellato la sinistra dal Parlamento confermano che la Triplice è divisa, scompaginata, quasi un corpo estraneo nelle fabbriche, un arnese del secolo scorso.
Il segnale, come trent’anni fa con la «marcia dei 40mila», era arrivato in autunno dalla Fiat, quando Sergio Marchionne aveva anticipato ai dipendenti 30 euro sul futuro aumento contrattuale e i sindacati invece che esultare rimasero imbarazzati. La spia d’allarme è diventata una sirena. «Nella primavera dell’anno scorso - racconta Vincenzo Pandolfo, amministratore delegato della Pandolfo Alluminio di Padova -, al rinnovo del contratto integrativo quadriennale, i sindacati non erano nemmeno al tavolo. C’erano soltanto le Rsu. Sono riapparsi ora a discutere i premi di produzione. C’è una scollatura tra consigli di fabbrica e sindacato, spesso contrapposizione. Le sigle tradizionali hanno problemi nel definire il loro ruolo. Ci vorrebbe un sindacato intelligente, che punta allo sviluppo dell’azienda, non ideologico. La Cisl è preoccupata come noi che gli impianti lavorino in modo continuo per migliorare la produttività e favorire la distribuzione dei premi. La Cgil no».
Giordano Riello e il figlio Alessandro (ex presidente dei Giovani di Confindustria), titolari della Aermec condizionatori, sono appena andati in Cina con due sindacalisti per constatare se l’Oriente è davvero un pericolo. «Dobbiamo importare il loro modello produttivo e ridurre gli sprechi», dicono allarmati i delegati. Titolari e tute blu in viaggio insieme. Sono tante le aziende dove l’ambiente non è conflittuale e si firmano accordi senza scioperi. Ma molte imprese devono reggere il teatrino del braccio di ferro permanente. Temono ritorsioni: gli imprenditori i picchettaggi, le rappresentanze di fabbrica le strigliate. La Triplice non si smuove dal muro contro muro.
Anche il gruppo Riva di Brescia ha anticipato 40 euro ai dipendenti sul modello Fiat: Fiom e Fim della Valcamonica contrari. La Rothe Erde-Metallurgica Rossi di Visano ha fatto di più: un accordo interno con le Rsu, non con i sindacati, che accoglie quasi tutta la piattaforma unitaria dei metalmeccanici, compreso l’aumento di 117 euro. Accordi che per Fiom e Fim «non superano le ragioni delle iniziative di lotta», mentre per Martino Amadio, segretario della Uilm bresciana, «dimostrano che ormai la contrattazione si sta spostando a livello aziendale. I contratti integrativi rappresentano il futuro». «In Veneto il rapporto con i sindacati è più pragmatico, lontano dalle liturgie romane - dice Andrea Tomat, amministratore delegato della Stonefly -, ma il contratto nazionale è un ostacolo anacronistico allo sviluppo. Gli operai ne sono consapevoli. Sono favorevoli alla flessibilità, alle innovazioni della legge Biagi, a una gestione dinamica del capitale umano. Vorrebbero riformare i sindacati, ridurre i loro costi ingiustificati». Gli straordinari? «Per la Cgil sono il peccato originale - risponde Pandolfo -, vogliono assumere sempre per guadagnare tesserati». Le autocritiche sono poche. Alberto Cocchi, delegato Fiom-Cgil della Lamborghini Auto, di Sant’Agata Bolognese: «Facciamo fatica a parlare con i lavoratori: non hanno più fiducia, non credono più in nulla».

Andrea Castagna, segretario Cgil di Padova: «Ci stiamo interrogando sull’avanzata del centrodestra nella classe operaia». Intanto nell’edicola davanti al Petrolchimico di Porto Marghera, ogni giorno si vendono cinque copie della Padania contro una del Manifesto.

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