Sala si chiude nel silenzio e pensa alle dimissioni

Il sindaco indagato sulle grandi operazioni urbanistiche della città è al bivio. Nessun incontro prima del consiglio comunale di domani

Sala si chiude nel silenzio e pensa alle dimissioni
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Ora Beppe Sala invoca il silenzio, dopo giorni di incontri serratissimi a Palazzo Marino con gli esponenti dei partiti che lo sostengono, in primis il Pd, e con il suo assessore alla Rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi per cui la Procura ha chiesto gli arresti, e di telefonate continue tra messaggi di solidarietà e scambi con colleghi e partiti. Ieri il primo cittadino, decisamente provato, si è preso una giornata per chiudersi in raccoglimento e prendere la decisione più dura forse della sua carriera politica: le dimissioni da sindaco di Milano. Giornate durissime per Sala che ha scoperto di essere indagato dai giornali - "un metodo inaccettabile" - per "false dichiarazioni su qualità personali proprie o di altre persone" in riferimento all'attestazione di assenza di conflitti di interesse di Giuseppe Marinoni, architetto e presidente della Commissione del Paesaggio del Comune di Milano (indagato per "induzione indebita a dare o promettere utilità" intorno al progetto di Manfredi Catella, ceo di Coima (per cui a Procura ha chiesto i domiciliari) e dell'archistar Stefano Boeri (indagato per pressioni indebite) sulla riqualificazione del grattacielo Pirellino.

Al momento non sono previsti nuovi incontri per lui, mentre ieri pomeriggio si è tenuta una riunione fiume del gruppo dirigente del Pd per confrontarsi e compattare il partito, ricucendo fiducia e rapporti tra le varie correnti interne.

Solo venerdì infatti è arrivato l'appoggio ufficiale della segretaria dem Elly Schlein, che ha aspettato l'annuncio delle dimissioni dell'assessore Tancredi. Precondizione per un appoggio al sindaco, a patto di una "svolta netta" sull'urbanistica. Posizione che il principale partito di maggioranza ieri ha voluto ribadire al termine della riunione con parlamentari e consiglieri regionali. "Il Pd è compatto e unito: vogliamo continuare al fianco del sindaco, sapendo che dal 2011 moltissime cose importanti sono state fatta per la città, ma che oggi in un contesto sociale mutato è necessario investire su nuove politiche per la città - la nota di Alessandro Capelli, segretario del Pd Milano metropolitana - che mettano al centro la questione sociale, ambientale, delle opportunità e dell'uguaglianza. In questi giorni continueranno i confronti con le forze della maggioranza e del centrosinistra, con grande attenzione sull'ascolto delle forze vive della città". Il riferimento è ai grandi nodi rimasti irrisolti del Modello Milano ovvero il caro affitti, il piano casa appena avviato, il caro vita e gli alloggi per studenti, infine la questione ambientale.

Nel frattempo il sindaco si prepara nel suo isolamento doloroso e necessario a riferire all'aula del Consiglio comunale domani - davanti a FdI e Lega, che giovedì durante il Consiglio comunale hanno inscenato proteste e flash mob (Forza Italia e Noi Moderati rimangono garantisti) - quando saranno con molta probabilità comunicate anche le dimissioni di Tancredi. Il manager di Expo starebbe riflettendo fino all'ultimo se fare o meno un passo indietro. L'indagine a suo carico lo ha molto provato anche per le accuse che gli vengono mosse, tanto che giovedì in giunta qualcuno avrebbe visto comparire anche una lacrima sul suo volto mentre si confrontava su questa possibilità con i suoi assessori. Sala che ha già attraversato una tempesta giudiziaria per l'inchiesta Expo in cui era accusato di falso ideologico e per cui era stato condannato in primo grado, sembrerebbe concentrato nel voler difendere la sua integrità personale e la sua integrità professionale. "Posso solo dire che l'amministrazione non si riconosce nella lettura che viene riportata" la nota che il Comune, a firma dello stesso sindaco, aveva diffuso mercoledì in serata.

Dimissioni che il sindaco per altro aveva minacciato sul caso San Siro prima dell'inchiesta, se il Pd avesse fatto saltare il banco, trasformando il voto sulla vendita dello stadio in un voto di fiducia e che aveva pure fatto balenare ai senatori Pd recalcitranti sul voto del Salva Milano, che infatti era saltato.

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