Sindaci in aula per la verità sui derivati

L’allarme arriva fuori dall’aula, durante una pausa del processo. «L’Italia non ha un problema nazionale come la Grecia, ma c’è un pericolo enorme e concreto: nel nostro paese ci sono tantissime bolle che stanno in capo a Comuni, Regioni e Province che prima o poi scoppieranno. Ma nessuno sa cosa succederà in quel momento». Il procuratore aggiunto Alfredo Robledo lancia il monito nel giorno in cui quattro banche - Ubs, Deutsche, Jp Morgan e Depfa Bank - tornano davanti al giudice Oscar Magi assieme a 11 manager e due ex funzionari di Palazzo Marino accusati di aver truffato il Comune attraverso un bond - e le sue rinegoziazioni - da 1,8 miliardi di euro, con cui l’amministrazione pubblica intendeva ristrutturare il proprio debito. Un affare, secondo l’accusa, solo per gli istituti di credito. E, soprattutto, un danno da 100 milioni di euro per le casse pubbliche. «L’Italia - insiste Robledo - è l’unico paese dell’Unione europea in cui gli enti locali hanno stipulato contratti di questo tipo. La politica e le istituzioni dovrebbero intervenire». Il richio del crac, secondo la Procura, passa anche attraverso i bilancio degli enti locali. A Milano un processo pilota? È una lettura - questa - che non piace ai legali delle banche. «No, questo non è un processo pilota - è il commento di Guido Alleva, avvocato di Deutsche Bank -, è un processo penale che si fa per accertare reati e individuare responsabilità. Dare altre altre valenze sarebbe sconfinare in altri campi, quindi sarebbe pericoloso».
Al centro del processo, quindi, restano le presunte responsabilità dei quattro istituti finanziari, degli 11 manager (tra cui Gaetano Bassolino, figlio dell’ex governatore della Campania, Tommaso Zibordi e Carlo Arosio, coinvolti anche nel crac Parmalat, e Simone Rondelli, indagato nell’inchiesta sulla quotazione di Saras), e dei due ex funzionari del Comune: Giorgio Porta (ex direttore generale di Palazzo Marino), e il consulente Mauro Mauri. Ma, a breve, potrebbero entrare in aula anche altri protagonisti dell’affaire derivati, sempre rimasti ai margini dell’inchiesta giudiziaria. Nelle liste di testimoni depositate ieri dai legali delle quattro banche d’affari, infatti, figurano anche i nomi dell’ex sindaco Gabriele Albertini (che nel 2005 firmò l’originario contratto con le banche), e l’attuale primo cittadino Letizia Moratti. Albertini ha sempre difeso la bontà dell’operazione, sottolineando anzi i «benefici calcolati come differenza tra quanto il Comune avrebbe dovuto pagare mantenendo il proprio debito, e quanto ha pagato con la nuova struttura di debito». La Moratti, invece, ha più volte criticato quell’operazione (anche se il derivato è stato rinegoziato in tre circostanze anche dalla sua giunta, l’ultima nell’ottobre del 2007), denunciando senza mezzi termini - in un video trasmesso su internet - una truffa ai danni di Palazzo Marino. «Avevamo una lettera ingannevole delle banche - attacava il sindaco - nella quale veniva assicurato che i derivati per noi erano economicamente vantaggiosi. E invece non lo sono stati».

Se il giudice Magi accoglierà la richiesta delle banche, i due protagonisti politici dell’intera vicenda si troveranno a confrontarsi nell’aula del tribunale. «Vogliamo dare una dimostrazione di trasparenza - spiegano i leagli degli istituti -. I sindaci devono venire a spiegare cosa è successo».

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