Politica

Sindrome da onnipotenza

I giustizialisti? Diventano invadenti e petulanti, sono decisamente da evitare. I super-procuratori ansiosi di cambiare il mondo? Se non sbagliano ora hanno sbagliato in passato. E i moralisti? Il solo nominarli fa venire l’orticaria e poi non fanno bene. Nella sinistra qualcosa cambia, forse perché nulla cambi. Luciano Violante, che per anni è stato il referente per nulla occulto delle frange giacobine e rivoluzionarie della magistratura, il nume tutelare dei Pool più aggressivi in un breve volger di tempo modifica radicalmente il suo pensiero e bacchetta i mostri sacri. Zittisce Giancarlo Caselli, signore dell’antimafia, colpevole di aver criticato tutti i politici – destra, centro e sinistra – per la questione morale e censura Francesco Saverio Borrelli, già principe di Mani Pulite. Caselli sbaglia, secondo Violante, quando trancia certi giudizi e Borrelli ha commesso un grave errore, sull’onda fragorosa dell’esaltazione mediatica, quando si mise a cianciare di “consenso”. Un magistrato – spiega giudizioso e soave il capogruppo diessino alla Camera – non deve parlare di consenso, che è roba da politici. Ciascuno stia al posto suo. E poi – è sempre Violante a rilevarlo – ai tempi di Mani Pulite si sono commessi degli errori, figurarsi che bastava una comunicazione giudiziaria per indurre un ministro o un sottosegretario a dimettersi.
Insomma, sembra che il motto di Violante adesso sia: desistere, desistere, desistere.
Perché? I più fini giuristi parlano di “pentimento operoso” quando l’autore di un misfatto – in questo caso politico-ideologico – sinceramente si ravvede e si sforza di contribuire ad eliminare le conseguenze dannose delle sue azioni. Dobbiamo concludere che Violante è un ravveduto, o, non sia mai, un pentito?
No, non è questa la chiave per svelare l’arcano. Le critiche a Borrelli Violante le ha mosse durante un convegno al quale partecipava anche Bobo Craxi, ma siamo propensi a ritenere che nemmeno questa circostanza abbia influito molto. No, il nuovo atteggiamento, a nostro modesto avviso, rientra nella sindrome da onnipotenza che sembra ormai caratterizzare la sinistra. Violante, al pari di altri esponenti di quella parte, ritiene di avere già vinto le elezioni e si preoccupa del “dopo”. E fa sapere, con garbo e tuttavia con chiarezza, che se la sinistra va al potere non sono ammesse avanguardie in toga che pretendano di tenere costantemente sotto tutela la classe dirigente. Questo metodo, questa disarmonia istituzionale, un simile squilibrio di poteri va bene se al timone ci sono i conservatori, i moderati, ma è decisamente da scartare se alla guida della vaporiera Italia ci sono loro, progressisti e sinistri unionisti, che sono in grado di garantire la democrazia e una superiore moralità pubblica senza ricorrere alla supplenza di certe toghe. Tutto chiaro? Che taluni magistrati si pentano per aver parlato a sproposito di consenso e di improprie “resistenze”, che nessuno pensi di volere o dovere rivoltare come un calzino il Paese, che certamente sarà in buone mani. Il disordine programmato andava bene “prima”, adesso si cambierà. La ricreazione costituzionale è finita.
A questo punto, i magistrati rivoluzionari sono serviti. Rientrino nei ranghi, come certi giuristi sovietici che s’illusero d’incarnare il materialismo in divenire con le loro teorie rivoluzionarie e che in qualche caso furono affidati alle cure premurose degli “organi di sicurezza”. Per fortuna, qui da noi non si corrono certi rischi, ma il raffronto è singolare.
E i moralisti? Anche loro devono stare quieti. Bertinotti, che pure non è stato mai un giustizialista zelante, sostiene che i moralisti non giovano alla sinistra e che il solo nome di Marco Travaglio gli fa venire l’orticaria. Se continua di questo passo, il giacobinismo giudiziario sarà valutato come il morbillo, una malattia infantile della sinistra.
Moralisti e giustizialisti debbono sperare una cosa sola: che il centrodestra vinca, a dispetto di Violante e di Bertinotti.

Stiano allegri, i giochi non sono per niente fatti.

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