Politica

La sinistra imbarazzata sceglie il silenzio

Bersani: «Storia campata in aria». E la Margherita prende tempo

Sabrina Cottone

da Milano

La parola è ai silenzi, ai legali e alle carte bollate. Filippo Penati, il presidente della provincia di Milano al centro della vicenda Serravalle, insiste nel non voler replicare alle accuse del sindaco, Gabriele Albertini, che ha parlato di «politica disdicevole» da parte dei Ds, perché «contraria agli interessi dei cittadini». La critica è quella di aver speso 238 milioni di euro per ottenere il controllo assoluto della società autostradale che era già in mano pubblica (grazie alla somma delle azioni detenute da Provincia e Comune) e aver così consentito a un imprenditore privato, Marcellino Gavio, una plusvalenza (quindi un guadagno) di 176 milioni. Un’operazione che, secondo Albertini, è stata gestita a livello nazionale dalla Quercia. E il sindaco cita a sostegno i brogliacci di alcune intercettazioni telefoniche tra Gavio e Penati e tra Gavio e il parlamentare diessino Pierluigi Bersani. «Ci sono rapporti tra il gruppo Gavio e i Ds» le conclusioni di Albertini, che parla di «spreco di capitali pubblici».
La direzione nazionale dei Ds ha annunciato una querela, parlando di «dichiarazioni e commenti spericolati». L’ex ministro Pierluigi Bersani al telefono aggiunge di voler fare altrettanto e di non voler commentare le parole del sindaco di Milano: «Questa storia è campata in aria. Metterò tutto in mano agli avvocati». Penati spiega di non voler continuare in «un inutile batti e ribatti sulla stampa».
Il segretario provinciale dei Ds, Franco Mirabelli, da un lato ribadisce la linea giudiziaria («Albertini spiegherà ai giudici a quali cose illecite si riferisce, come hanno annunciato da Roma»), dall’altro minimizza la portata delle dichiarazioni del sindaco: «Credo che un rappresentante delle istituzioni come Filippo Penati debba essere disponibile a parlare con chiunque, anche con Gavio, un socio della Serravalle». Insomma, non c’è nulla di male in quelle chiacchierate. Quanto alle interferenze dei dirigenti nazionali sulle vicende milanesi, Mirabelli glissa: «Non mi risulta nessun controllo romano, è stata la maggioranza in provincia a decidere l’operazione».
Alberto Mattioli, vicepresidente della Provincia, della Margherita, non entra nei dettagli: «Vedo tanto fumo ma poca sostanza. È stata un’operazione rude ma chiara, realizzata per risolvere un problema di governance. Certo a livello nazionale si assiste ai rischi di intrecci tra politica e finanza, ma siamo lontani dal poter muovere certe accuse sulla Serravalle».
I dubbi nella Margherita (e non solo) non mancano, anche se faticano a farsi largo in giorni in cui il ricorso alle vie legali ha preso il posto della politica. «Non sono un Pm, sono cose delicate, prima voglio conoscere le carte. Ma fa male alle istituzioni arrivare a questi livelli di scontro» dice Roberto Caputo, consigliere provinciale della Margherita e candidato alle primarie a sindaco di Milano. Prende tempo anche Nando Dalla Chiesa: «Preferisco riflettere su quel che è emerso negli ultimi giorni».

A prevalere è la scelta del silenzio.

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