Roma - «Il Pd è il primo partito in Italia a usare le primarie e il primo nel mondo a perderle ». Corrado Guzzanti aveva ragione. Ma allora quando il segretario democratico Pier Luigi Bersani di tanto in tanto afferma - più per necessità che per convinzione - «siamo pronti alle elezioni e le vinciamo» di cosa sta parlando?
Forse farebbe meglio a concentrarsi sui «nemici» interni come Nichi Vendola piuttosto che sull’avversario numero uno, ossia Silvio Berlusconi. Ebbene sì, perché il governatore pugliese ha giocato un altro tiro mancino al derelitto Bersani sfilandogli con le primarie il candidato sindaco di Cagliari. Domenica scorsa, infatti, il candidato di Sinistra e Libertà, Massimo Zedda, ha sbaragliato il dominus locale del Pd, il senatore Antonello Cabras staccandolo di dodici punti (46 contro 34%). Ecco, forse il vero problema è a Bari nella sede della Regione Puglia piuttosto che a Palazzo Chigi.
«Abbiamo la necessità - ha gongolato Nichi con la sua impareggiabile metrica - di ricostruire trame di buona politica e abbiamo il dovere di farlo con le persone, all’aria aperta e non chiusi in stanze in cui non risuonano le domande di partecipazione e di cambiamento». In fondo in fondo, Vendola non ha tutti i torti: se il buon D’Alema trascorre le proprie giornate pensando a come mettere assieme una coalizione elettorale con Fini, Casini, Rutelli, Di Pietro e il governatore pugliese, può anche accadere che si verifichino incidenti di percorso come quello di Cagliari.
O può anche accadere che le uniche primarie «vere» vinte dal partito a Napoli siano azzerate tra sospetti di brogli con cittadini cinesi in fila per votare Cozzolino e accuse di complotti. «Contro di me si sono battuti i sostenitori di un vecchio modo di far politica », ha denunciato ieri sul Giornale il candidato partenopeo sconfitto, Umberto Ranieri, cresciuto alla scuola di Giorgio Napolitano. Così Bersani, sicuro di vincere le prossime politiche ma indeciso sul tagliare definitivamente i ponti col bassoliniano di ritorno Cozzolino, ha inviato il «commissario politico » Andrea Orlando lasciando nelle sue mani tutte le rogne.
Ma la celebre battuta di Guzzanti si riferiva a un altro clamoroso rovescio del Pd: quello delle primarie milanesi dove lo «sponsorizzato» Boeri ha dovuto arrendersi al vendoliano Pisapia. Certo, i democratici le primarie sono abituate a perderle. Basti pensare al caso-Firenze: nel 2009 l’ex boyscout (oggi rottamatore) Matteo Renzi sbaragliò il «cocco» del partito Lapo Pistelli. Per concludere con quello che si sta rivelando il vero alter ego dei due alchimisti politici D’Alema &Bersani:il temibile Nichi Vendola che ha «umiliato» Francesco Boccia nel 2010 alle primarie pugliesi dopo averlo semplicemente sconfitto nel 2005.
Il líder Massimo può pensare a tutte le «ammucchiate» possibili e immaginabili e il suo segretario può mettere insieme ancora tante promesse in guisa di programma elettorale per attrarre voti, ma non si andrà da nessuna parte se prima non si risolveranno un paio di questioni. La prima è una parola definitiva sulle primarie che non possono tradursi in una «sceneggiata» per far prevalere i soliti apparati. Infatti, se c’è un posto dove il Pd le vince è Bologna dove non s’è dispersa l’eredità del vecchio Pci. A Napoli, invece, s’è inscenato un teatrino degli orrori con simpatizzanti di centrodestra accorsi a dar manforte al candidato bassoliniano.
La seconda questione è quasi filosofica.
D’Alema è aduso a disegnare coalizioni normali per governi normali di «Paesi normali », ma come tanti esponenti della sinistra non ha compreso che il limite tra la teoria politica e la realtà è dato dal voto. Se nell’urna elettorale gli italiani scelgono Berlusconi e se in quella delle primarie Pd si vota Vendola, non è perché D’Alema si sia spiegato male, è perché c’è una maggioranza che non lo vota.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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