La sinistra stoppa Fassino: no a maggioranze variabili

Il leader Ds apre all’Udc: "Siamo interessati a convergenze". Bertinotti: "Non cambia nulla"

La sinistra stoppa Fassino: no a maggioranze variabili

Roma - Poco sereno, molto variabile. Un nuvolone gravido di pioggia ha stazionato per tutta la giornata di ieri sul quadrilatero dei Palazzi romani. Sembrava minacciare chissà che, tra Palazzo Chigi, Quirinale, Montecitorio e Palazzo Madama. È invece svanito in serata, trasformandosi in una nuvolaglia lattiginosa (quasi) uniforme.
Ha tutta l’aria di un rilevamento meteo, ma anche la sostanza di un rilievo politico. La chiamano «maggioranza variabile», ed è il penultimo grido in fatto di fantasia al potere. Un prêt-à-porter, anche un po’ déjà vu. Modello per tutte le stagioni incerte e senz’altro torbide. Su questa formula si regge il governo Prodi: piano piano, dopo averla tanto annunciata - o temuta -, quasi senza saperlo, eccoci dentro fino al collo. Il voto aggiuntivo dell’Udc in Senato sulle missioni all’estero l’ha resa palese, anche se ha costretto più o meno tutti a smentire recisamente. Ma ci sarà un motivo per il quale, ricevendo i voti «gratuiti» di Casini, il ministro D’Alema si premurava già l’altra sera di rassicurare la sinistra della coalizione: «Non cambia nulla, Prodi non può cadere, Casini non può spingersi oltre». Concetto rafforzato ieri dal presidente della Camera, Fausto Bertinotti: «Quanto è accaduto mi pare confermare una previsione non difficile, cioè che la maggioranza non è cambiata, è sempre la stessa. Anche se la politica a volte si avvolge su se stessa, basta essere un osservatore con un minimo di serenità... ».
Appunto: sereno, ma variabile. Come il leader centrista, Pierferdinando Casini, forte di quello che è stato chiamato «patto di non belligeranza» con Rutelli. Ieri, fresco di Quirinale, ha raccontato in Transatlantico di voler «continuare la ferma opposizione al governo Prodi: siamo disinteressati a ipotesi di maggioranze variabili o di cooptazione nell’Unione o di sostituzione... ». Anche perché - detto in soldoni e senza cattiveria - la sostituzione di una quarantina di senatori di sinistra radicale con la ventina di udicini non sarebbe decisamente un buon affare. Allora, come prenderla questa «svolta» politica salutata da Prodi in persona? «I poli sono tre», esagera per entusiasmo il ministro Chiti, mai stato un mago in matematica. Però è vero che il numero può diventare astrazione filosofica, e dunque ha ragione il socialista Boselli a far emergere la logica delle cose. «Non si può ignorare che la sorte del governo Prodi continua sempre a essere appesa a un filo e che l’equilibrio politico italiano si regge su una doppia debolezza, sia della maggioranza sia dell’opposizione». Motivo per il quale, conclude, «occorre che all’interno della maggioranza si avvii una riflessione sul significato della spaccatura nel centrodestra e sul ruolo che sta giocando Casini per evitare che la crisi, superata una volta, si ripresenti a ogni appuntamento cruciale. Vi possono essere, infatti, su alcuni temi punti di convergenza e maggioranze variabili, tra tutti coloro che non puntano allo scasso».
Questo significa parlar chiaro. E non si tratta di un pio desiderio del moderato Boselli, perché lo stesso leader verde Alfonso Pecoraro Scanio promuove una «convergenza più larga» e ritiene che «l’Udc abbia dimostrato di essere disponibile a convergere su singoli punti». Il leader ds, Piero Fassino, promuove la nuova linea in veste quasi ufficiale: esiste la possibilità di trovare «convergenze con l’Udc», in modo da assicurare «una governabilità migliore».
Non si svela un arcano, allora, quando si chiarisce che «la maggioranza non cambia, è quella uscita dalle urne» significa soltanto che i numeri elettorali hanno premiato la sinistra radicale rispetto al centro udicino, e rendono impossibile la sostituzione di un alleato con un altro. Considerate le difficoltà di Casini con il proprio elettorato, non esiste neppure la possibilità di far emergere ora «uno spostamento dell’Udc verso il centrosinistra», come conferma Mastella.

Né una situazione del genere comporterà «l’arrivo del sostegno di Casini al governo in ogni circostanza». In ogni circostanza no, che follia, sarebbe già un nuovo governo. Soltanto quando il tempo è variabile, uno si porta dietro l’ombrello.

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