Globish, franglais, japlish, spanglish e così via: oltre ai neologismi di uso planetario, con orrore dei puristi della lingua, sono nati nuovi idiomi soprattutto generazionali di evidente ispirazione globale. Il linguaggio nel libro di Malkani ne è la prova. Il traduttore di Londostani a cui vanno i nostri complimenti si chiama Massimo Bocchiola, cinquantanni, due figli, e una passione per il suo lavoro. Insegna allo Iulm e allUniversità di Pavia e ha tradotto una settantina di romanzi tra cui un paio di Jonathan Safran Foer, altro osso duro del linguaggio. Spiega Bocchiola: «Prima di immergermi nella traduzione ho spulciato alcuni siti italiani sulle culture giovanili tipo hip-hop, urban slang e così via. Ma i protagonisti del libro di Malkani parlano una lingua tutta loro, cruda, diretta, infarcita di slang e di cliché che non hanno corrispondenze in italiano».
Come ha fatto allora a tradurre in modo così efficace?
«Ho cercato di mantenere gli stessi schemi sintattici e spesso ho dovuto inventare cercando di restare il più possibile fedele al testo. Gli adolescenti di Malkani scimmiottano linglese gangsta-rap, ma è anche un mix di punjabi, abbreviazioni da sms, gergo Mtv e un intercalare aggressivo che rasenta il turpiloquio. Il livello della lingua è sottozero, le parole non hanno senso e rispecchiano il nulla mentale di questi ragazzi».
Il libro le è piaciuto?
«Molto, anche se durante la traduzione, direi faticosa, ci sono stati momenti sgradevoli.
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