La società donna produce la creatura ibrida

Anni di femminismo e di demolizione del modello maschile tradizionale hanno generato una sorta di grande omologazione dei generi, con uomini incerti e donne indurite

Società femminile al posto di società maschile? Se ben osserviamo la società odierna, come l’ha magistralmente descritta Alain de Benoist su queste stesse pagine, forse ci balzerà agli occhi un terzo aspetto.
Dunque: da un lato la società «maschile» che si riconosce nei valori di autorità e competitività, la «società dei padri», nella quale la figura paterna ha compito di sostituirsi alla tenera cura della madre come nuova e autorevole guida, affinché il figlio possa diventare compiutamente adulto e libero, capace di affetti forti e autonomi. Dall’altro la società «femminile» di oggi come la vede lo psicologo junghiano Claudio Risé: solo apparentemente improntata a valori «femminili» di tenerezza e solidarietà, in realtà dominata da competitività subdole e spietate. È la «società senza padri», secondo la celebre definizione ripresa da Risé nel suo intervento sul Giornale di ieri, società nella quale, secondo lo studioso, finirebbero per stare tutti male: i maschi come le femmine.
Si potrebbe obiettare, così di primo acchito, che la «società dei padri» quale si è formata in Occidente a partire dalla Grecia antica per passare attraverso Roma, il medioevo e l’evo moderno, è conflagrata tragicamente nel XX secolo, tanto è vero che lo stesso de Benoist ritiene «dolorosa» la «cultura rigida» degli anni Trenta. Ma se ci guardiamo intorno oggi, nell’immane scontro etnico e religioso in atto, nella ripresa delle grandi migrazioni di popoli, nella frantumazione degli imperi crollati, la situazione non è più lieve. Né basta additare quale esempio di società «maschile» - come ha fatto Caterina Soffici - la società musulmana, che indubbiamente «maschile» lo è, ma è soprattutto, almeno nelle forme che conosciamo, una società teocratica, arcaica e crudele.
Ma il problema è il terzo aspetto, come ho detto all’inizio. A bene osservarla, la società di oggi appare come una società indifferenziata, né maschile né femminile, costituita da uomini incerti e da donne indurite, da «genitori smarriti nella confusione dei ruoli», come ha scritto de Benoist. Emblematico in questo senso, l’invito recentemente rivolto dalla scuola inglese agli alunni a non usare più i termini dad and mam riferendosi a padre e madre, ma solo e sempre parents indistintamente. Ci sono i figli dei single, i bambini delle coppie omosessuali, meglio lasciare le cose indefinite...
Anni di femminismo e di demolizione del modello maschile tradizionale hanno portato ad avvicinare l’uomo alla donna, creando un nuovo ibrido. Basta osservare i modelli che questa società propone attraverso la pubblicità, la moda, la televisione: donne scheletriche prive di ogni attributo femminile, donne-pantera abbigliate con stivali appuntiti e abiti di pelle si confrontano con giovani uomini glabri e bistrati. Nelle sfilate di moda maschile della scorsa primavera, uno stilista propose addirittura un gonnellino da sera. Per l’uomo, ovviamente.
La pubblicità di un noto aperitivo proponeva tempo fa un uomo e una donna che, avvicinandosi l’uno all’altro, cambiavano forma e sesso. «Red passion» veniva definito il loro incontro, dove «lui» rivelava in realtà di avere due seni compressi sotto una fasciatura e «lei» un torace maschile: più che di passione, almeno come da sempre è comunemente intesa, cioè forte attrazione fra due opposti, si può parlare di un ambiguo gioco, di un erotismo estenuato e confuso qual è poi quello dei nostri giorni.
La creatura ibrida che nasce da questa «società indifferenziata» sembra infatti unire le peggiori caratteristiche dell’uomo e della donna: è aggressiva e vittimista, infantile ed egoista, incapace di grandi slanci e grandi scelte. Se è uomo, l’ibrido è insicuro, piagnone, infantile (guardate i trentenni del film L’ultimo bacio), se è donna è rapace, inquieta, insoddisfatta, perennemente alla ricerca di una impossibile realizzazione. Tutti e due non fanno che rinfacciarsi i propri difetti e il fatto che «lui» spinga il carrello della spesa o cambi i pannolini non migliora affatto le cose. Basta leggere la posta dei settimanali per rendersene conto.
E forse è a questa cancellazione dei due poli opposti, sostituiti da un centro indistinto, che vanno ascritte le tante difficoltà che oggi la coppia incontra: le relazioni tiepide o deludenti, i matrimoni fragilissimi, la scelta prudente della convivenza per evitare proprio di scegliere fino in fondo. La debole coppia di oggi è la stessa che un tempo era tanto forte (non solo nei sentimenti ma anche negli interessi) che Pier Paolo Pasolini - uno che certamente era fuori da questi equilibri - non esitò a definirla «un piccolo patto criminale».
E la letteratura non fa che riflettere questo magma indistinto dei sentimenti, questo «sovvertimento dei sensi» per dirla con Stefan Zweig. Dove sono i grandi amori, le tragedie passionali, le sublimi rinunce, le follie? Emma Bovary oggi confiderebbe i suoi guai a un talk show.

Impensabili le parole che Zarathustra rivolse alla vecchietta: «Nel vostro amore sia il coraggio! Nel vostro amore sia il vostro onore! Ma il vostro onore sia questo: amare sempre più di quanto siate amate voi stesse... ». Lette oggi sembrano frasi tratte dai romanzi di Harmony.

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