
Gentile signora Braghieri, leggo la testimonianza del signor Espedito e resto tanto perplesso quanto ammirato per il suo entusiasmo. Sono nel mio piccolo uno «specialista» di relazioni a distanza. Al di là di amori esotici senza futuro per troppi motivi, ho avuto storie durature (da 6 mesi a 2-3 anni) con una ragazza polacca, una colombiana che viveva in provincia di Livorno, una comasca, una romana... è difficile portarle avanti nel tempo. All’inizio passione, infatuazione, sogni, speranze fanno da motore, poi fatalmente la distanza, le difficoltà a incontrarsi con una accettabile frequenza hanno la meglio. Anche perché nel frattempo si incontra qualcuno... vicino. L’ideale rapporto a mio avviso è come vivo adesso con la mia fidanzata (da 6 anni). Abita a 130 km da me, ci vediamo 4-5 volte il mese, facciamo due viaggi l’anno. Io così ho i miei spazi, curo i miei hobby, le mie amicizie, i miei impegni senza la monotonia, gli obblighi quotidiani e una certa «oppressione» della vita di coppia. Lei non può muoversi (ha figli e lavora) se non sporadicamente e a me va benissimo. Io resisto poco «in gabbia». Però la nostra distanza è ragionevole. Penso invece che i due innamorati via lettera - mi dispiace smontare la poesia che emana la loro storia - si renderanno conto che se non è possibile fare passi concreti, i duemila chilometri di distanza da Lisbona all’Emilia diventeranno una barriera insormontabile. A meno che l’amore platonico sia soddisfacente per entrambi. A me sembrerebbe di togliermi un pezzo di vita, se immolata seriamente su una storia con questi presupposti. Ma siamo fatti in tanti modi. Spero di non essere stato indelicato nel dare il mio parere su una vicenda che tocca i sentimenti di altre persone.
Andrea
Caro Andrea, una persona che ha la grazia e la premura della sua ultima frase non potrà mai essere indelicata. Oltretutto, il suo punto di vista, oltre che rispettoso, mi sembra completamente condivisibile. Se la coppia in questione vorrà darsi una chance, a mio avviso, sarà costretta ad avvicinarsi geograficamente sforzandosi di far quadrare difficoltà logistiche-familiari-lavorative.
I rapporti ottocenteschi potevano sopravvivere protetti dal filtro della distanza e della letteratura, quelli di oggi non possono fare a meno dell’impalpabilità «drogati» come sono da social e incapacità relazionale, ma i «nostri», quelli di prima della disumanizzazione, hanno ancora bisogno di impastarsi di realtà.