
Il vecchio parroco che ha spostato i miei genitori, mi ha battezzato, mi ha guidato all’ordinazione sacerdotale, era un uomo di intelligenza sopraffina e di schietta ironia. Ricordo una scena in un caldo agosto. Arrivò in sagrestia una delle volontarie della parrocchia: una signora sulla settantina, tarchiata e con i tratti non del tutto felici, con quella tipica assenza della moderna attenzione all’aspetto beauty tipico delle nonne di paese, identificabile nell’ombra di baffo sparuto. Entrò nel confessionale di don Giuseppe e dopo poco ne uscì stizzita. Imbattendosi in un altro sacerdote, brontolò: «Ma non è possibile! Gli ho confidato che il vedere in giro così tanti uomini a dorso nudo mi creava una specie di prurito che mi prendeva tutta. E con vergogna ho detto che avevo fatto questo pensiero sconcio persino vedendo il prete giovane che stava giocando succinto con i ragazzi in oratorio. Lui ha tirato la tendina, mi ha guardata e poi mi ha detto: “Tu avresti questo prurito? È herpes!”. Si rende conto?!». In quel momento si palesò il parroco con i suoi occhi chiari vispissimi e il suo sorriso sornione. L’altro prete scoppiò a ridere. La signora restò basita, poi dopo un incrocio di sguardi, anche lei si sciolse in una ilarità condivisa. Il sole di questi giorni mi ha fatto riemergere questo ricordo, sollecitato dalla visione di un vecchio film, di quelli che tornano a ferragosto: Bellissima. È del 1951. L’anno precedente Roma venne tappezzata da un manifesto che diceva così: «Per un film di Luchino Visconti si cerca una bambina che sia davvero bellissima, non che soltanto sua madre la veda così».
Proprio da questo fatto di cronaca, comincia la narrazione: un annuncio che fa accorrere a Cinecittà una folla di madri e figlie tra le quali la popolana Maddalena Cecconi (interpretata da Anna Magnani) con la figlioletta Maria, per la quale sogna una ascesa sociale, tramite una carriera nello spettacolo. Lei vi aveva inutilmente approdato in gioventù e si dava delle arie davanti a tutti, anche se questo era oggetto di derisione delle vicine di casa. Maddalena fa qualsiasi sacrificio per offrire alla figlia l’aiuto, più o meno valente, di una maestra di recitazione e di un corso di ballo, e, nonostante le difficoltà finanziarie e il ritardo nel pagamento delle rate per la casa, spende tutti gli ultimi risparmi per il parrucchiere e la sarta. Maria, la figlia, è timida, goffa e impacciata. Il marito Spartaco, scoperta la cosa, si scontra con la moglie perché desidera per la figlia un’infanzia come tutte le bambine. Durante una delle audizioni a Cinecittà, la madre Maddalena viene avvicinata da un tale che si vanta di poterle garantire delle raccomandazioni in cambio di 50 mila lire, somma che lei a fatica racimola e che invece lui spenderà per l’acquisto di una Lambretta. Oltre all’inganno, la beffa di dover fuggire dalle sue avances. Quando viene il turno della sua bambina per il provino, riesce a introdursi per spiarla di nascosto, ma la vede scoppiare subito a piangere disperatamente, suscitando le risate di scherno della troupe. Solo a questo punto si rende conto dei suoi errori e capisce di aver preteso cose che la piccola non voleva né poteva fare, di aver speso inutilmente il denaro che serviva per la famiglia e di aver così pure messo in crisi il rapporto con il marito. Dopo aver vagato a lungo per la città scossa da queste colpe, nel rientrare a casa trova inaspettatamente assistenti del regista che stanno discutendo col marito di un contratto per la bambina: il film prevedeva infatti una bimba goffa, bruttina, impacciata e Maria si era rivelata adatta alla parte. Ma a quel punto Maddalena, la madre, rendendosi conto del pericolo delle illusioni, rifiuta il contratto e riallaccia i rapporti con il marito, riconsegnando alla bambina la serenità del suo futuro. A fine carriera Anna Magnani romanescamente confidò in un’intervista: «Ce metti una vita intera per accorgerti che a chi dovevi piacè sei piaciuta e a chi no mejo così. Te piaci perché sei tu. Ce metti na vita intera (la tua!) per piacerti, per contà i difetti e riderce sopra, perché so belli, perché so i tuoi. Senza tutti quei difetti chi saresti? Nessuno. Quando la gente diceva pe’ strada “quant’è bona!” pensavo: “Ma de che?! Anvedi sto cecato!”. Adesso senza vergognarmi lo dico pure al truccatore: “Lasciami tutte le rughe! Le ho pagate care!”».