Società

Non basta una protesta per fermare le alluvioni e le calamità naturali

Oggi il tema ambientale rappresenta terreno di scontro e motivo di divisione, il perché è da ricercarsi nella progressiva ideologizzazione che, se da un lato ha acuito le divergenze, dall’altro ha reso inefficaci, se non controproducenti, le azioni intraprese

Non basta una protesta per fermare le alluvioni e le calamità naturali

Ascolta ora: "Non basta una protesta per fermare le alluvioni e le calamità naturali"

Non basta una protesta per fermare le alluvioni e le calamità naturali

00:00 / 00:00
100 %

Siamo il paese delle emergenze, è cosa nota che quando ci si trova di fronte ad un’emergenza il nostro paese dimostra di essere imbattibile, ma non è certo motivo di vanto, gestire un’emergenza costa certamente di più in termini economici e sociali, e di contro certificando di fatto un’incapacità cronica ad affrontare i temi in modo strutturato ed attraverso una seria programmazione pluriennale ed un efficace piano di prevenzione, Longanesi a tal proposito diceva che “gli italiani alla manutenzione preferiscono l’inaugurazione” ed è proprio vero. Noi vorremmo invece vivere in un paese dove l’emergenza torni ad essere l’eccezione e non più la regola, dove si investa in prevenzione prima ancora che in protezione, dove il riassetto idrogeologico diventi prioritario e non uno slogan propagandistico, e non è certamente colpa dell’ultimo esecutivo, anzi qui si stanno pagando le non scelte degli ultimi 30 anni, nessuno escluso. E che non si addossi la responsabilità al cambiamento climatico, alluvioni ci sono sempre state e sempre ce ne saranno, si potrà discutere sui tempi di ritorno, ossia sulla loro frequenza, ma non sul fatto che accadano; come dimenticare i giovani fiorentini impegnati a spalare il fango per salvare Firenze ed i suoi tesori nella tragica alluvione del 1966 che fece 35 morti, o quella che colpì la città di Alessandria nel 1994 causando 70 vittime e 2.226 sfollati.

L’elenco sarebbe lungo e soprattutto doloroso, ma utile a riflettere su come di fronte alle tragedie non si perda l’occasione per delegittimare l’avversario politico colpevole in questo caso di non credere ai cambiamenti climatici. L’ultima trovata degli ambientalisti di ultima generazione, accusare i Governi di continuare ad inquinare anche di fronte alle tragedie, di essere “negazionisti del clima” e si moltiplicano così le iniziative degli pseudo difensori dell’ambiente che urlano basta ai cambiamenti climatici, come se fosse sufficiente una protesta per bloccare le alluvioni, i terremoti e le calamità naturali. Diciamo le cose come stanno, l’ideologia ambientalista appare sempre più scollegata dalla realtà, fingendo di non vedere che la Cina moltiplica la sua produzione di energia da carbone ed oggi da sola è responsabile di oltre un terzo della CO2 globalmente emessa.

Ambientalisti che fingono di non capire che senza una transizione energetica graduale il nostro futuro sarebbe destinato a retrocedere ad una fase di pre-industrializzazione, il che potrebbe essere anche una soluzione, ma che lo si dica chiaramente. Oggi il tema ambientale rappresenta, come mai prima, terreno di scontro e motivo di divisione, il perché è certamente da ricercarsi nella progressiva ideologizzazione che se da un lato ha acuito le divergenze, dall’altro ha reso inefficaci, se non controproducenti le azioni intraprese.

L’ambiente invece ha il dovere di unire, il che non significa affrontare la questione in maniera monolitica, i punti di vista e le sensibilità diverse devono rimanere e diventare punto di forza, ma che nessuno pensi di accaparrarsene la paternità al solo fine di lotta e di propaganda politica, in estrema sintesi potremmo affermare che la questione ambientale è fin troppo seria perché la si butti in uno “scontro tra fazioni”.

Oggi la natura, in apparenza divinizzata, finisce per essere considerata come una cosa, un oggetto e non una comunità a cui appartenere, dimenticando che l'ambiente non si salva senza salvare l'uomo, il suo territorio e la sua comunità storica e culturale, ed è proprio da loro che occorre ripartire per mettere in sicurezza il nostro paese, tra i più vulnerabili da un punto di vista idrogeologico.

Oggi quello che servirebbe prima ancora di costruire casse di espansione o aree di laminazione, è ricostruire la natura, restituendo ai fiumi i propri spazi, pulendo i suoi alvei naturali e avendo cura delle aree fluviali e boschive. In tutto ciò l’abbandono delle aree montane e più in generale del mondo rurale non hanno certo favorito la giusta attenzione che per millenni l’uomo ha avuto nei confronti del suo territorio.

Per questo la priorità deve essere quella di ricostruire il giusto equilibrio tra attività antropiche e natura selvaggia, riducendo il consumo di suolo e ritornando ad avere cura del nostro splendido ed unico territorio.

Commenti