Sto forse vivendo la storia più bella della mia vita. Ma è tutta nella mia testa. Le relazioni migliori sono quelle che non iniziano, che si fermano sull’uscio, che non si sporcano con la realtà e quindi sopravvivono in eterno. Ecco, io, dopo aver avuto interscambi decisamente più prosaici con decine e decine di donne, mi trovo in una relazione di fatto inesistente ma presentissima nella mia testa. Siamo entrambi adulti, entrambi affettivamente risolti, entrambi provenienti da passati floridi dal punto di vista delle relazioni con l’altro sesso. Questo per contestualizzare la situazione: non siamo sociopatici che vivono di fantasie, questa è tutta un’altra faccenda. È la sintonia perfetta, l’incastro perfetto, l’occasione mai arrivata. Ci siamo incontrati troppo tardi. Sappiamo cosa avremmo potuto essere e sappiamo cosa non saremo mai. E questo fa di noi l’apice. In questa non storia riesco ad essere solerte, accuditivo, attento, presente. So di dare il meglio di me ma so anche che la realtà non può arrivare a mettermi in difetto perché questa cosa non ha nulla di reale. È come avere una seconda vita ma senza nulla da confessare, senza nessuno da tradire, senza sotterfugi nei quali districarsi. Ma, di contro, anche senza niente di tangibile. Dovrei sentirmi comunque in colpa, o dovrei sentirmi pazzo?
Carlo Z.
Caro Carlo, la storia nella quale mi sono sentita nel punto più alto della mia carriera di donna, probabilmente è stata la meno reale della mia vita. Nemmeno io credo di essere pazza. È solo che le relazioni, purtroppo o per fortuna, sono nella nostra testa prima che da qualunque altra parte. Probabilmente se si intervistassero due innamorati sulla loro comune vicenda racconterebbero due trame completamente diverse. C’è l’altro, è vero. Ma ancora più dell’altro c’è quello che gli proiettiamo addosso e il nostro sentire lo dirigiamo esattamente lì: su ciò che vediamo più che su ciò che abbiamo davanti.
La relazione più bella non è reale
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