Controcultura

Il sogno cosmico dei russi? Una religione fatta di razzi

Eltchaninoff riscopre la storia del "cosmismo": filosofia del superuomo che piace a Putin e non solo

Il sogno cosmico dei russi? Una religione fatta di razzi

Il 6 novembre 2007 Vladimir Putin firma un decreto per creare un nuovo cosmodromo in Russia che sostituisca quello sovietico di Bajkonur che dopo la dissoluzione dell'Urss si trova in Kazakistan. Sarà uno dei nuovi progetti di un Cremlino che con disinvoltura cerca di ritagliarsi un nuovo ruolo geopolitico, di vendicare l'umiliazione della dissoluzione dell'impero bolscevico. Una delle tante imprese tecnologiche in cui la Russia si lancia e che spaziano dall'uscire dall'orbita terrestre sino al far percorrere il fondo del mare a droni subacquei con testata atomica, passando per i missili ipersonici. E quando Putin parla dei suoi piani arditi e lanciati verso le stelle i suoi riferimenti vanno spesso a uno scienziato non molto noto in Occidente: «Come diceva il nostro grande compatriota, i razzi non sono fini a sé stessi, perché il fine è migliorare la vita della gente, renderla felice. Così parlava Ciolkovskij».

Quanta felicità abbia portato il sogno missilistico del presidente russo è sotto gli occhi di tutti. Ma anche nella degenerazione violenta del progetto è interessante andare a rintracciare le radici di una particolare idea di progresso tutta russa che ha attraversato l'impero zarista, l'Urss e la Russia attuale e va sotto il nome di cosmismo.

Per intraprendere questo viaggio - in cui incontrerete sogni di voli siderali, tentativi di risuscitare i morti, esperimenti esoterici per conquistare i cieli, miscugli alchemico-scientifici e tanto altro ancora - niente di meglio di Lenin ha camminato sulla luna. La folle storia dei cosmisti e dei transumanisti russi (Edizioni e/o, pagg. 202, euro 18) del giornalista e studioso di filosofia Michel Eltchaninoff. Il direttore della rivista francese Philosophie Magazine, precedentemente docente alla Sorbona, ricostruisce un percorso che arriva sino a Putin e al suo ideologo, Aleksandr Dugin, ma parte dall'Ottocento. Un percorso in cui mistica e culto della tecnologia si fondono in una maniera decisamente incomprensibile per chi sia abituato allo iato tra fede e positivismo tipica dell'Occidente.

C'è un filo sottile che parte dalla ricerca mistica degli starcy, monaci ortodossi che praticavano una religiosità messianica. In una Russia sconvolta da una lunga serie di rivolgimenti sociali, come l'abolizione della servitù della gleba nel 1861, e di sconfitte militari, come quella in Crimea nel 1856 o quella nella guerra russo-giapponese, questi santi diventano il punto di riferimento per una religiosità nuova. Una religiosità del fare. Una religiosità che cerca di portare l'eternità nell'immanente. Filtrata da intellettuali come Tolstoj e Dostoevskij, questa visione del mondo arriva a personaggi come Nikolaj Fëdorov (1829 - 1903), il vero e proprio padre del «cosmismo». Filosofo, scrittore e bibliotecario, divenne noto per la sua incrollabile fiducia nel progresso delle scienze che, a suo parere, non solo avrebbero rigenerato il mondo impedendo per sempre l'avvento dei disastri naturali, ma sarebbero riuscite anche a sconfiggere la morte, attuando la resurrezione dei corpi. Assieme alla resurrezione dei corpi, l'inevitabile necessità di espandere la società umana fuori dalla Terra, una culla destinata a diventare inevitabilmente troppo stretta.

Queste dottrine mistico-scientifiche ovviamente non sarebbero state in grado di convivere pacificamente con un marxismo ortodosso. Non piacquero a Lenin. Ma Lenin finì mummificato proprio a simboleggiare l'incorruttibilità dei corpi. E il misticismo dello spazio traslocò senza troppi problemi nei laboratori, dove la volontà di potenza russo-sovietica veniva considerata molto più interessante del vero rigore scientifico.

Ecco allora il successo di un personaggio come Lev Gumilëv (1912 - 1992) che mischiava etnografia e idee sulle energie cosmiche. Energie che nell'ethnos russo porterebbero verso una maggiore «passionarietà». Delirio? Gumilëv è spesso citato da Putin come mentore di un destino manifesto del popolo russo. Quello stesso destino manifesto che per Konstantin Ciolkovskij (1853 - 1937), il visionario ingegnere spesso citato da Putin, come abbiamo detto, portava verso lo spazio. E a Ciolkovskij si deve sia la teorizzazione dell'ascensore spaziale, sia di molti dei principi della cosmonautica. Come questo fosse ineluttabilmente mischiato a una visione misticheggiante dell'uomo che incarna il divino nel cosmo, può stupire. Però spiega molto del superominismo sovietico ora diventato superominismo russo.

Per dirla con le parole di Eltchaninoff, il cosmismo spiega perché «Il regime sovietico era ossessionato dall'immortalità, a partire da quella dei suoi dirigenti, e dal desiderio di sostituire la nostra buona vecchia terra, con i suoi limiti e le sue pesantezze culturali, con una realtà mai vista prima». Come è andata si è visto, si vede e purtroppo si vedrà. A confronto, lo scientismo liberale occidentale è stato per molti versi molto meno radicale, per fortuna. Ma alcune delle idee dei cosmisti non suonano così lontane da quelle che circolano nella Silicon Valley. Anche Elon Musk cita Ciolkovskij: «La Terra è la culla dell'umanità, ma non si può vivere per sempre nella culla». Il desiderio di superare l'uomo è decollato in Russia e solo dopo è planato altrove.

Il concetto di limite, a volte salvifico, tocca lasciarlo alla cultura europea.

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