Nasce dentro la Casa di reclusione di Civitavecchia lo spettacolo atteso al Piccolo Eliseo da domani. E nasce lì come esito di un complesso progetto di reinserimento sociale a beneficio dei detenuti che, avvalendosi della compartecipazione del ministero di Grazia e Giustizia e del ministero dei Beni e delle Attività culturali, vede coinvolte numerose carceri della nostra penisola. Scopo: utilizzare il teatro, la scrittura e la pratica teatrali, come vettori di nuove prospettive di vita e di conoscenza personale. Già lanno scorso, daltronde, lEliseo aveva fatto un primo e importante passo in questa direzione (ricorderete le repliche del lavoro Ballata dal carcere di Reading e il suo debutto a Rebibbia), ma adesso con Via Tarquinia 20 - Biografie di un sogno, su regia di Emanuela Giordano, la formula «teatro e carcere» si concretizza in unoperazione che chiama in causa direttamente i detenuti, la loro fantasia, la loro creatività, i loro sogni aldilà del luogo che li ospita.
Il testo che costituisce la struttura base dellallestimento è infatti lopera vincitrice del Premio Annalisa Scafi 2006 (concorso bandito dalla stessa Amministrazione penitenziaria cui hanno partecipato un centinaio di opere elaborate negli istituti penitenziari di tutta Italia). Ma quanto vedremo sul palcoscenico le prossime sere (in replica fino al 14 gennaio) è in realtà un agglomerato di materiali diversi che, immaginato come un gioco di fantasia dove confluiscono echi anche degli altri testi redatti in seno al concorso, spazia nella geografia e nel tempo imponendosi, pur nelle sue declinazioni più ironiche, come vero e proprio esperimento di scrittura collettiva. Laddove levasione, il mistero, la fuga lontano sono molto più di semplici temi ridondanti. «Via Tarquinia 20 - spiega la regista - è un interessante tentativo di scrittura collettiva, fusa in un unico stile leggero e popolare.
Il sogno «possibile» dal carcere al palcoscenico
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