Antonio Signorini
da Roma
Settimo voto di fiducia, con tanto di scuse di Romano Prodi al Parlamento e la promessa che dora in avanti tutte le leggi più importanti, a partire dalla Finanziaria 2007, saranno blindate. Magari grazie a una sorta di concertazione politica. Alla manovra-bis manca solo lultimo passaggio. Oggi pomeriggio la Camera dei deputati voterà la conversione del decreto che contiene la micro correzione dei conti pubblici, le liberalizzazioni di Pierluigi Bersani e il giro di vite fiscale di Vincenzo Visco. Ancora una volta è stata posta la fiducia e quindi i deputati si troveranno a decidere le sorti del governo.
Lannuncio ufficiale è toccato di nuovo al ministro dei Rapporti con il Parlamento Vannino Chiti, al quale spetta ormai il ruolo di incassatore. «Avrei voluto evitare la fiducia ed ho percorso tutte le strade possibili, ma ci siamo dovuti arrendere», ha detto mentre i deputati del centrodestra (fatta eccezione per lUcd e il gruppo Dc-Nuovo Psi) abbandonavano lAula chiedendo le dimissioni del governo. Come al Senato, lesecutivo ha giustificato il ricorso alla fiducia accusando le opposizioni di fare ostruzionismo. «Con 600 emendamenti la fiducia è inevitabile», ha sostenuto Prodi.
Spiegazione che non ha convinto i deputati della Cdl. «Che c'entrano i 600 emendamenti? Al Senato sullindulto ne abbiamo votati 1500 senza problemi», ha osservato il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli. «In questo modo si annulla in un colpo solo la centralità del Parlamento e la funzione democratica dellopposizione», ha protestato Sandro Bondi, coordinatore nazionale di Forza Italia. Non è stato lostruzionismo a convincerli, ha spiegato lazzurro Gaspare Giudice, ma il timore della loro stessa maggioranza, visto che il 60 per cento degli interventi critici verso la manovra sono stati fatti da parlamentari dellUnione. «Hanno paura di tornare al Senato dove non hanno la maggioranza», ha concluso il capogruppo di An Ignazio La Russa. Il ricorso continuo al voto di fiducia non ha convinto nemmeno esponenti del centrosinistra, come il vicesegretario dello Sdi Giuseppe Villetti («Nel futuro non sarà più possibile andare avanti a colpi di decreti e di fiducia») o Luciano Violante che si è visto respingere una richiesta di chiarimento sugli stanziamenti per gli avvocati e i tribunali dei minori. E la Casa delle libertà si è rivolta di nuovo al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ma ha ottenuto la stessa risposta delle volte precedenti. Il Capo dello Stato, che non condivide il continuo ricorso al voto di fiducia e ieri si è detto «rammaricato» per il mancato accordo, ha spiegato di non potersi esprimere sulle decisioni che spettano ai vertici delle Camere: «Non rientra nelle attribuzioni del Capo dello stato alcun intervento sulle decisioni che spettano ad altri organi costituzionali».
In gioco non cè solo il decreto, che secondo lex ministro dellEconomia Giulio Tremonti contiene «il 5 per cento di liberalizzazioni ed il 95 per cento di vessazioni». Con la settima fiducia, il governo ha aperto la strada ad una rivoluzione nei rapporti tra Parlamento e governo. Un metodo da attivare con la prossima Finanziaria. Una parte del progetto lha anticipata lo stesso Chiti. «I provvedimenti importanti inizieranno il loro iter alla Camera per poi passare al Senato». La novità avrà effetti notevoli sulla prossima legge finanziaria, il cui esame, se venisse rispettata la consuetudine, dovrebbe partire dal Senato. Una volta che le principali modifiche fossero approvate a Montecitorio, dove la maggioranza è più solida, al Senato non resterebbe che ratificare la manovra. Unaltra importante novità lha anticipata Romano Prodi. Il premier si è scusato «per le difficoltà in cui ci si è trovato» il Parlamento, secondo il centrodestra perché «bacchettato» dal Quirinale. Poi ha annunciato che la preparazione della Finanziaria sarà «anticipata il più possibile». Si sta pensando di avviare le trattative con i partiti di maggioranza già sul testo della Finanziaria che sarà varato dal Consiglio dei ministri a settembre, in modo da portare in Parlamento un testo più o meno condiviso. Per far questo lidea è di far partire dei tavoli tematici governo-maggioranza già a fine agosto.
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