A destra, Obama. Non si dica, non si scriva, non si sospetti. Dicono che le nuove regole volute dalla Casa Bianca sugli interrogatori dei presunti terroristi siano una svolta. Lo scrivono i giornali italiani, esaltati dall’idea che adesso l’America non torcerà più un pelo a nessun arrestato, ad alcun potenziale affiliato ad al Qaida. Sicuri? Obama è un idolo che conoscono fino a un certo punto, convinti che faccia quello che si aspettano loro. Così si troveranno come con la guerra in Afghanistan, quando erano tutti convinti che l’America con il nuovo presidente avrebbe chiesto scusa prima di andarsene in fretta: invece Obama ha raddoppiato il contingente e ha chiesto agli alleati più armi e più uomini. Il pacifista. Lui non lo è mai stato, ma così ce l’hanno dipinto.
Adesso uguale: Obama blocca la Cia. E poi? Poi niente: scompare la verità e cioè che l’amministrazione creerà una squadra speciale per gli interrogatori dei sospetti terroristi. A gestire questo team sarà direttamente la Casa Bianca e poi l’Fbi, che evidentemente, secondo i giornali italiani, è una specie di Ong che porta pane e acqua ai detenuti o ai profughi. Chi ha arrestato i terroristi beccati in territorio americano dopo l’11 settembre? L’Fbi. E non risulta che abbiano usato le carezze. E poi una amministrazione che gestisce direttamente una squadra per interrogatori di nemici non sembra voler dire che s’è deciso di trattarli da commensali di una cena signorile. E se non bastasse questo, c’è il resto: le «extraordinary rendition» non saranno cancellate. Sono quella cosa nata nell’era Bush con la quale i detenuti di particolare interesse venivano spediti in Paesi terzi per essere interrogati. Fino a oggi erano una vergogna, adesso diventeranno una normale pratica di interrogatorio. Perché pur di non dire che Obama è comunque un presidente come gli altri e quindi sensibile alla sicurezza americana come gli altri, si può fare di tutto. Il risultato sarà facile da capire: i sospetti saranno interrogati all’estero, magari dai servizi segreti di Paesi amici, che s’assumeranno la responsabilità dei mezzi usati. Non c’è molta differenza rispetto a prima. Anzi non ce ne è proprio.
Però l’importante è che non lo faccia la Cia. Perché la Cia è endemicamente bushiana, evidentemente. E quindi cattiva. Come se possa esserci un servizio segreto buono. Però questo è il messaggio che deve passare sui nostri giornali: Obama è buono, gli altri sono stati infami, ma adesso ci pensa lui a rimettere le cose a posto. Nessuno dice che Barack non punirà gli agenti che hanno torturato i terroristi: «Chi sarà in buona fede non pagherà». Assomiglia molto a questo: i capi saranno allontanati, ma gli altri no. Una specie di amnistia.
La verità è superflua, così come lo è stata per tutta la campagna elettorale, quando i giornali italiani raccontavano solo quello che volevano: Barack diceva che se il Pakistan si fosse comportato male, lui da presidente l’avrebbe bombardato? Era una gaffe, una battuta, una cosa di scarsa importanza. Come Guantanamo: esaltati dall’idea della chiusura e silenziosi sul fatto che l’amministrazione tenga aperto Bagram, in Afghanistan, che è molto peggio del supercarcere cubano. Adesso di nuovo. L’illusione di un nuovo leader della sinistra globale, però trascurando tutto quello che di sinistra Obama non è, e non fa. Il convincimento di aver trovato un americano meno americano di quelli di prima. Invece Barack incarna lo spirito Usa come gli altri. Ed è così simile ai suoi predecessori che la sinistra italiana e i suoi giornali non riescono neanche a raccontare quello che succede nella sinistra americana: la delusione e l’arrabbiatura per le scelte poco liberal dell’amministrazione di Washington. Associazioni per i diritti civili, avvocati pro bono, attivisti delle Ong, c’è un malumore crescente, che si identifica con le parole dello scrittore Jonathan Franzen: «Obama non è così di sinistra, fa politiche simili a quelle delle altre amministrazioni». In America danno spazio a queste posizioni, in Italia no. Perché non si deve toccare un dogma.
Così i nostri giornali sgomitano ogni giorno per pubblicare un qualunque articolo del New York Times e però snobbano questo qui: «Su questioni di spessore, come la tortura e la detenzione a tempo indeterminato, il presidente ha disorientato i progressisti per la riluttanza a contestare o a cambiare le politiche di Bush». L’ha scritto Paul Krugman, uno dei guru della sinistra moderata Usa. È uno che piace tantissimo ai giornali italiani. Però solo quando dice le cose che piacciono a loro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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