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Soltanto le urne adesso possono salvarci dallo spread

Uno di quei banchieri che sta sul mercato e non nei salotti tv dice esplicito: "Se si va ad elezioni a marzo saltiamo". Bisogna votare e subito

Soltanto le urne adesso possono  salvarci dallo spread

Uno di quei banchieri che sta sul mercato e non nei salotti tv dice esplicito: «Se si va ad elezioni a marzo saltiamo. È troppo tardi. La situazione si deve sbloccare il prima possibile. E temo che con questo parlamento non ce la si faccia». E aggiunge retorico: «Ve lo immaginate oggi un governo che tagli pensioni e stipendi pubblici? Che metta mano all’articolo 18 e piazzi una patrimoniale?». Bisogna votare e subito. E augurarsi, aggiungiamo noi, che la maggioranza di domani sappia fare ciò che non ha saputo fare quella di oggi.

Berlusconi non ha più tempo e non può più giocare con i rinvii. A un certo punto della giornata ieri negli uffici amministrativi delle sale operative è arrivata una fucilata: una delle grandi società internazionali di compensazione dei titoli di Stato pretendeva di aumentare le garanzie (i margini) sui titoli del debito pubblico italiano. Tradotto: non ci fidiamo più. La mail è stata poi smentita. Ma quel che conta è il clima. Ieri i differenziali tra Btp e Bund hanno toccato i 500 punti. Purtroppo come dimostrano le crisi greca, irlandese e portoghese, la velocità del rialzo dei tassi è esponenziale: è una palla di neve che si gonfia e non fa sconti. Negli ultimi quattro mesi abbiamo succhiato liquidità aggiuntiva dalla Banca centrale europea per 140 miliardi di euro. Le banche italiane hanno incrementato i loro prestiti presso gli sportelli di Francoforte di 70 miliardi. E la medesima istituzione ha comprato titoli italiani, stampando moneta per 70 miliardi. Il canale della liquidità interbancaria è chiuso, sbarrato: stile Lehman. Se continua così non c’è scampo per l’Italia, ma anche per Francia e soci. Non è detto che le elezioni, celebrate il prima possibile, siano la soluzione alla tempesta. Quando una crisi finanziaria è così potente e diffusa è difficile arginarla con le armi convenzionali della buona politica. Gli inglesi nel 1992 ne uscirono stampando moneta, gli italiani svalutando. E gli americani nel 2008 (sempre che ne siano davvero usciti) utilizzando la Fed come un torchio del dollaro.

Quel che è sicuro è che il tempo per i giochetti parlamentari è scaduto (lo scrivemmo già giorni orsono). La speculazione fa il suo gioco: e ci troviamo con un governo che non ha più una maggioranza e al momento non c’è un’alternativa credibile. Se con la bacchetta magica si individuasse oggi un governo di ottimi (che brutta parola) che nel proprio Dna avesse scolpite le ricette dell’impopolarità, non avrebbe una maggioranza in Parlamento pronta a votare la propria morte politica. E questo, i mercati (uno strano universale che ha sempre ragione e che comunque nessuno controlla davvero) lo sanno bene.

La road map per l’economia, come va di moda dire, è una sola. Subito le elezioni. E poi un governo pienamente legittimato che tratti in Europa. Tratti la resa, sia chiaro. Ma tratti anche con una prospettiva di legislatura davanti a sé. Se c’è un errore, un grande errore, che Berlusconi ha commesso è stato quello di non imporsi nelle sedi comunitarie. Non pretendere che l’asse franco-tedesco determinasse l’impasse in cui ci troviamo oggi.

Purtroppo solo quando Berlusconi non governerà più questo Paese, noi italiani avremo indistintamente la lucidità di capire che le manchevolezze di questo governo (e ce ne sono state numerose) sono nulla rispetto all’incapacità europea di gestire la crisi per tempo. Una crisi che oggi si vuole attribuire con troppa partigianeria al solo Berlusconi. Abbiamo le nostre responsabilità, il nostro debito monstre, il nostro conservatorismo economico, ma presto ci accorgeremo che non sono sufficienti a spiegare tutto il caos che sta avvenendo sui mercati in queste ore. Costruzione assurda dell’euro, ritardi nel riconoscere il default greco, e interessi delle banche franco-tedesche, valgono bene una mancata riforma dell’articolo 18.

Dobbiamo fare pulizia in casa nostra. Certo.

Ma non possiamo non vedere la sporcizia del palazzo in cui viviamo.

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