Sondaggio della Quercia: il quorum è lontano

Casini: la campagna astensionista è moralmente e politicamente corretta. E Frattini dice di essere orientato a non andare al seggio

Fabrizio De Feo

da Roma

L’ultima settimana di campagna per i quattro referendum contro la legge 40 si apre all’insegna di uno scontro ormai senza esclusione di colpi. C’è l’argomento-trappola della possibile modifica della legge sull’aborto, rilanciato da Stefania Prestigiacomo e raccolto da Piero Fassino. Ma anche la polemica sulla legittimità morale e giuridica dell’astensione. Un’«escalation» del confronto che si inquadra nella grande lotta per il raggiungimento del quorum, ovvero di quella soglia del 50 per cento dei votanti che regalerebbe validità alla consultazione.
Gli ultimi sondaggi, anche interni ai Ds, danno la quota dei partecipanti inferiore al 45%. Un dato che se venisse confermato alla prova del voto getterebbe altra benzina sul fuoco della guerra interna all’Ulivo e segnerebbe un notevole punto a vantaggio di Francesco Rutelli nel contenzioso con Romano Prodi e con i Ds. Per disinnescare questo scenario i fautori del «sì» alzano il tiro, sollevano polvere e polemiche, invitano alla mobilitazione e liquidano il non voto come «un trucco antidemocratico». A difesa della legittimità del non voto scendono, però, in campo 103 giuristi, fra cui Cesare Mirabelli, Riccardo Chieppa, Massimo Vari e Fernando Santosuosso, che producono un manifesto per rivendicare sia la liceità dell’astensione sia la sua razionalità politica e giuridica. Infatti, come nota Chieppa, «votare no significa voler lasciare la legge come è, mentre astenersi significa rifiutare le modifiche proposte ma riconoscere che la legge può essere migliorata dal parlamento».
La polemica sull’astensione tocca anche la posizione dei presidenti delle Camere. Marco Pannella minaccia azioni legali contro di loro. Ma in una lettera al Corriere della sera, il portavoce di Pierferdinando Casini, Roberto Rao, ribadisce il giudizio per cui è «moralmente e politicamente corretta la campagna per l’astensione», e respinge tanto le «intimidazioni private» quanto le «azioni giudiziarie». Rispetto per la scelta dell’astensione invoca anche l’azzurra Elisabetta Alberti Casellati mentre Franco Frattini rivela di avere maturato la scelta per il non voto.
Ci sono poi i grandi appuntamenti pubblici. Uno su tutti: il «duello» al Residence Ripetta di Roma tra Giuliano Ferrara e Piero Fassino. I due protagonisti, il giornalista paladino dell’astensione e il leader dei Ds salito con convinzione sul carro radicale che si conoscono fin dai tempi del Pci torinese, non se le mandano certo a dire. Il direttore del Foglio definisce l’embrione una persona in nuce che va «tutelata dal potere tecnologico nel XXI secolo che vuole costruire l’uomo. Altrimenti arriva il dottor Faust. Il compito della medicina è curare non eliminare la vita». Fassino ribatte puntuale: «Gli scienziati non sono tanti dottor Stranamore». E Ferrara di rimando: «Non illudiamoci: tra gli scienziati ce ne sono alcuni che sono pronti a fare un bimbo a la carte. Io che sono obeso e diabetico non sarei dovuto nascere».
Se il faccia a faccia Ferrara-Fassino fa discutere, polemiche ancora più sonanti accende l’intervento di Carlo Giovanardi a un convegno milanese. Il ministro, parlando della ricerca scientifica, accenna ai medici nazisti «che al processo di Norimberga avevano detto di aver fatto progredire la scienza».

Proteste dal pubblico anche quando Giovanardi, parlando del fatto che molte coppie sono costrette ad andare all’estero per avere un bambino, ribatte: «E l’infibulazione e il turismo sessuale, allora? Quante cose si possono fare all’estero e non qui in Italia perchè vietate?». Le parole più pesanti nelle polemiche pre-referendum sono comunque quelle di Francesco Cossiga. Per il quale gli argomenti usati dai referendari sembrano «preludere alla riabilitazione ed esaltazione di Josef Mengele».

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