Nati un quarto di secolo fa, e ora carsicamente riemersi, i Sonic Youth dipinsero con ferina efficacia incubi metropolitani e naufragi esistenziali: guardando a una New York tetra, claustrofobica, perfino orrorifica con i loro alienati intrecci sonori, il parossismo percussivo, lo smantellamento della melodia e lerosione dellarmonia fino alle soglie dellatonalità. Oggi propongono un «nuovo corso» dove uninattesa compiutezza melodica e armonica trovano riscontro da un lato in apostrofi taglienti e dallaltro in sonorità più luminose, talora perfino accattivanti: si sfiora la leggiadria in pagine come Incinerate 03 do you, col canto fluente delle chitarre e soltanto il cupo controcanto del basso ad evocare lantica asprezza. Un album tuttaltro che facilone, peraltro: anzi sofisticato, problematico, ancorché sembri voler mettere daccordo i sostenitori del facile ascolto con gli originari estimatori della band.
Che troveranno conforto nel rumorismo irto di Do you believe in the rapture, nella livida elettronica di Sleeping around, nella malizia perversa di What a vaste, o nel furore caparbio con cui certe melodie vengono enunciate e via via disintegrate.Sonic Youth Rather ripped (Geffen)
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