Sorpresa, dopo 38 anni D’Orazio lascia i Pooh

Milano38 anni insieme, 38 anni di venerata vita da rockstar, mica «vita da mediano» qualunque. I Pooh sono il gruppo simbolo dell’amicizia, del legame umano prima che artistico, così la notizia che Stefano D’Orazio, il batterista - ambasciatore della band, ha deciso di mollare e appendere le bacchette al chiodo, ieri pomeriggio è esplosa come una bomba. D’Orazio (61 anni) saluta e se ne va e non è un addio qualunque. Spiegherà le ragioni domani, durante un incontro con la stampa, in cui i Pooh annunciano il nuovo cd (uscita il prossimo 8 maggio) e la tournée estiva (in partenza il 24 luglio). Nel cd e nei concerti dietro ai tamburi ci sarà ancora lui, D’Orazio, per l’ultima volta dietro alla sua ipertecnologica batteria con doppia cassa e mille piatti e tom tom, mentre si agita in mezzo agli effetti speciali e ai megaallestimenti che creano il fascino dei loro show dal vivo. («Nel 76 abbiamo cominciato a produrci da soli e a usare le tecnologie d’avanguardia - raccontava due anni fa D’Orazio - all’inizio lo facevamo artigianalmente. La macchina del fumo l’abbiamo costruita spruzzando brillantina Linetti su una serpentina di rame»). E da lì i grandi numeri che pochi possono vantare: oltre 23 milioni di album venduti, più di 20 milioni di singoli con una militanza di cinque anni interi (seppur distribuiti nel tempo) in vetta alle hit parade tagliando trasversalmente l’impetuosa energia del rock e il melodismo all’italiana come quattro moschettieri. D’Orazio, Red Canzian al basso, Dodi Battaglia alla chitarra, Roby Facchinetti alle tastiere. Questa (più Riccardo Fogli) è la formazione dei Pooh entrata nel mito: come dire Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin per i tifosi di lunga pezza dell’Inter.
Eppure solo Facchinetti arriva dal nucleo originario, fondato nel 1966 a Bologna dal cantante e batterista Valerio Negrini. Allora si chiamano i Jaguars (ma per evitare omonimie con un’altra band scelgono il nome dell’orsetto protagonista delle storie di A. A. Milne) e incidono brani rockeggianti come Vieni fuori, cover della Keep on running dello Spencer Davis Group.
D’Orazio arriva dopo la gavetta, dopo che Piccola Katy ha fatto da ariete per entrare nel mondo ovattato delle teenager. Quando arriva lui, nel 1971, Tanta voglia di lei è già al numero uno delle hit, e così pure Pensiero, ed è il momento di Opera prima, uno dei primi album che temerariamente sposa pop italiano e musica sinfonica. Arriva da I Naufraghi, e si aggrappa alla corazzata Pooh - sostituendo proprio Negrini - giusto in tempo per trionfare con Noi due nel mondo e nell’anima. Da allora ha condiviso i mille momenti gloriosi, dalle sperimentazioni progressive di Parsifal alle tante canzoni - da Uomini soli che vinse Sanremo nel 1990 a Chi fermerà la musica - che raccontano la loro epopea.
D’Orazio, il più estroverso, si occupa della promozione ed è la memoria storica del gruppo, ma ha anche scritto i testi del musical Pinocchio e fondato un’etichetta per valorizzare giovani talenti. È anche la memoria storica dei Pooh, l’uomo dei mille aneddoti; del trionfo a Sanremo ricorda quando, per paura che venissero utilizzate basi preregistrate, allora vietate dal regolamento, furono perquisite le tastiere della band.

Ora che succederà? Si scioglieranno? Andranno avanti con un nuovo drummer? Qualunque decisione prendano, c’è tempo per piangere. Ora, col nuovo cd e il nuovo tour, lasciamogli godere la loro ultima Champions League musicale.

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