Sotto inchiesta l’architetto amico di Veltroni e Scalfari

Massimo Malpica

RomaUn «disegno criminoso» per pilotare l’appalto di quel teatro e far vincere l’architetto della «cricca di Veltroni». L’inchiesta sui lavori per i grandi eventi coinvolge ormai più da vicino Paolo Desideri, architetto romano caro all’ex sindaco ed ex segretario del Partito democratico, nonché amico di famiglia di Eugenio Scalfari. Non ci sono più solo le voci di imprenditori e professionisti toscani «trombati» a insinuare che l’assegnazione dell’appalto per il nuovo parco della musica di Firenze fosse stato «gestito dalla banda di romani». Non c’è più solo la chiacchiera amara dell’architetto sconfitto, Marco Casamonti, che riferiva di aver ricevuto le «scuse» direttamente da Desideri per come «vanno le cose». Sono gli inquirenti, ora, a mettere nero su bianco non solo che l’appalto per il teatro fiorentino non sarebbe stato trasparente, ma anche che - letteralmente - secondo loro Desideri ha ricevuto indebitamente più di una mano per sbaragliare la concorrenza.
È tutto in un documento, datato 8 febbraio 2010, con cui i pm toscani dispongono l’iscrizione di nuovi indagati e di nuovi reati nell’inchiesta in corso. Qui, al sedicesimo punto, i magistrati della procura di Firenze ipotizzano a carico di Angelo Balducci e Fabio De Santis anche il reato di rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio.
«Perché - scrivono i pm - in concorso tra loro, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, quali pubblici ufficiali (...) incaricati della gestione del “Grande evento” (...) del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, nell’ambito del quale si iscrive l’appalto per la progettazione e l’aggiudicazione del Nuovo auditorium di Firenze, fornivano all’architetto Desideri Paolo indicazioni tecniche relative al predetto appalto già nel maggio 2007, ovvero in epoca antecedente alla pubblicazione del bando di gara datato 19 ottobre 2007, che pertanto dovevano rimanere segrete». Per i magistrati, Balducci e De Santis lo avrebbero fatto «al fine di avvantaggiare il predetto Desideri - tecnico progettista dell’impresa Sac, risultata aggiudicataria (in Rti con la Igit) dell’appalto sopra indicato - che poteva disporre di un arco temporale maggiore, rispetto agli altri concorrenti nella gara di appalto, per predisporre il progetto, così procurando al Desideri medesimo e alle imprese risultate aggiudicatarie della gara, un indebito profitto patrimoniale».
Le toghe sono convinte che i due superdirigenti abbiamo «soffiato» i contenuti del bando a Desideri con mesi di anticipo, consentendo dunque all’architetto di vincere con facilità, ma col trucco. Convinzione fondata su un’informativa del Ros del 15 ottobre scorso, che ricostruisce così la gara: «Questo appalto, in base a numerose conversazioni intercettate, in un primo momento, sarebbe stato da Balducci promesso all’impresa Giafi (...) ma poi aggiudicato, asseritamente a seguito di una diversa indicazione esterna giunta in un secondo tempo, all’impresa Sac di Roma, riferibile all’imprenditore Cerasi Emiliano, in Ati con la Igit riferibile all’imprenditore Ciolfi Bruno (in stretti rapporti con Anemone Diego); il progetto risultato aggiudicatario è stato redatto da Paolo Desideri e Albanesi Silvio. L’aggiudicazione sarebbe stata pilotata nel senso indicato, avvalendosi la commissione aggiudicatrice, della possibilità di attribuire, secondo un criterio meramente discrezionale, un punteggio altissimo riferito alla qualità progettuale dell’opera, a prescindere dal ribasso di aggiudicazione e dai tempi di esecuzione».
Insomma, un bel pasticcio per il professionista, che in una lettera a Repubblica aveva smentito qualsiasi appoggio «politico», da parte di Veltroni o di Domenici, e derubricato il tutto a «supposizioni». Ora le anomalie di quell’appalto sono ipotesi di reato della magistratura. Che indaga anche sull’impresa di Cerasi, la Sac, anch’essa molto attiva nella Roma veltroniana (dal parcheggio del Pincio al museo MAXXI).

La moglie di Cerasi, Ottavia Zanzi, fu nominata dal Campidoglio, quando a guidarlo era Walter, come Ad della Fiera di Roma. Veltroni non mancò di sottolineare: «È una donna ed è brava e, quasi sempre, le due cose sono sinonimo».

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