Sotto processo il pm che processò lady Mastella

Magistrati che sbagliano. L'ex procuratore capo che indagò anche il leader dell'Udeur Clemente Mastella è finito sotto processo per calunnia: avrebbe accusato un collega sapendolo innocente

Sotto processo il pm che processò lady Mastella

Prima è finito sotto processo per calunnia aggravata e abuso d’ufficio, ora sospeso con effetto immediato dal Consiglio superiore della giusti­zia tributaria che lo ha rimosso, tem­poraneamente, dalla poltrona di pre­sidente di sezione della commissio­ne tributaria di Napoli. È l’epilogo, poco entusiasmante,dell’ex procura­tore capo di Santa Maria Capua Vete­re, Mariano Maffei, la toga che inda­gò l’allora ministro della Giustizia, Clemente Mastella (che si dimise pro­vocando la caduta del governo Pro­di), e che firmò gli arresti domiciliari per la moglie Sandra Lonardo, al­l’epoca dei fatti presidente del Consi­glio regionale della Campania.

Arresti spiegati in una surreale con­ferenza stampa, cliccatissima su You­tube , durante la quale Maffei chiede­va a decine di giornalisti, con registra­tore in mano, di astenersi dal registra­re le sue parole mentre le telecamere riprendevano tutto. La sospensione dell’ex pm, che dopo essere andato in quiescenza è divenuto, appunto, presidente di sezione d’appello della commissione tributaria di Napoli, è scaturita da una lunga istruttoria rela­t­iva al processo che vede l’ex procura­tore alla sbarra al tribunale di Roma per presunte irregolarità legate al­l’iscrizione nel registro degli indaga­ti di due suoi ex colleghi, l’aggiunto Paolo Albano, ora procuratore capo a Isernia, e il pm Filomena Capasso, a cui venivano contestati fatti ritenu­ti del tutto insussistenti.

L’inchiesta da cui tutto nasce ri­guardava un medico ospedaliero e i presunti reati di falso e di abuso d’uffi­c­io che Maffei contestava agli ex colle­ghi. Il pm Giancarlo Amato, che ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio dell’ex capo della procura sammari­tana, ha sostenuto che la denuncia per Albano e Capasso è stata fatta in assenza di qualsiasi elemento accu­sato­rio e ben sapendo che i due magi­strati non erano responsabili di quan­to gli veniva addebitato. E il procedi­mento romano che sta sancendo l’epilogo professionale di Maffei na­sce proprio da un esposto presentato dagli ex colleghi denunciati. L’accu­sa di abuso di ufficio si basa dunque sul presunto arbitrio esercitato da Maffei in violazione dell’articolo 335 del codice di procedura penale che consente l’iscrizione nel registro de­gli indagati solo di effettive notizie di reato pervenute dalla polizia giudi­ziaria o acquisite di iniziativa dagli uf­fici della procura.

Per la procura di Roma, invece, Maffei ha cagionato intenzionalmen­te un ingiusto danno al procuratore Albano. Si legge infatti nella richiesta di rinvio a giudizio dei pm (accolta dal gup Maurizio Silvestri): «In realtà siffatta iniziativa era stata assunta in totale assenza di qualsiasi elemento accusatorio (...) nei confronti del dot­tor Albano, di fatto a quel punto pron­tamente e doverosamente iscritto quale indagato dalla procura della Repubblica di Roma». Ma il magistra­to romano va oltre e spiega che la de­cisione di Maffei «trovava semmai giustificazioni in precedenti dissidi personali e o professionali con il pre­cedente collega». Quanto all’accusa di calunnia, per i magistrati, Maffei avrebbe incolpato il collega Albano pur conoscendone l’innocenza e in assenza di alcuna effettiva notizia di reato a suo carico. All’ex procuratore capo vengono attribuite «reiterate, indebite e ingiustificabili condotte, con il sostegno di tre suoi fidati sosti­tuti ». Nelle denunce presentate dagli ex colleghi di Maffei si legge che i suoi comportamenti avrebbero avuto «conseguenze non più rimediabili sulla serenità di molti dei magistrati in servizio, nonché sulla corretta con­duzione della procura» e si parla di «clima insostenibile di sospetti, di comportamenti vessatori, di illecite indagini condotte sull’attività di col­leghi dell’ufficio ».

Ma l’ex procurato­re capo di Santa Maria Capua Vetere salì agli onori della cronaca anche perché il suo ufficio venne accusato di aver sottovalutato tutta una serie di indicazioni suscettibili di appro­fondimenti investigativi (comprese alcune intercettazioni shock) che coinvolgevano l’ex presidente della Provincia di Caserta, Sandro De Fran­ciscis, a lui vicino per uno stretto lega­me parentale.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica