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In Spagna la crisi uccide la corrida

Per rientrare nei budget, molti comuni costretti a eliminare le caratteristiche feste con i tori. Gli allevatori si lamentano: in due anni quasi dimezzati gli spettacoli

In Spagna la crisi uccide la corrida

di Davide Mattei

Madrid -
Dove non erano riuscite le battaglie decennali degli animalisti, ha avuto ragione la crisi. Il pessimo momento economico che attraversa la Spagna sta infatti colpendo duramente anche la tauromachia e rischia di lasciare tanti spagnoli senza le amate (e carissime) feste con i tori per problemi di budget. Con un Pil nazionale che ricorda quello degli ultimi quindici anni di boom, ma con il segno opposto (-3%), e con una disoccupazione che rasenta già il 18%, le plazas rimangono vuote e gli spettacoli comunali troppo cari. Così nel 2009 i comuni hanno dovuto farsi forza annunciando ai loro cittadini che le feste con i tori sarebbero state ridotte o annullate. A Manzanares El Real, a pochi chilometri a nord di Madrid, il sindaco ha optato per la via di mezzo. Dopo aver indetto un inedito referendum tra i suoi cittadini per stabilire se i festejos taurinos (i festeggiamenti con i tori) dovevano svolgersi o no, ha deciso di «interpretare» i voti ricevuti. I voti a favore dell'abolizione della festa erano la maggioranza (555), seguiti da quelli contrari (458) e da chi voleva ridurre a metà le feste paesane con i tori (148). Sommando i contrari e «dimezzatori», Oscar Cerezal (del Psoe) ha così deciso che i tori avrebbero scorrazzato per la cittadina anche nel 2009; anche se, invece di spendere per loro 120mila euro come l'anno scorso, il comune dimezzerà quest'anno il bilancio dedicato ai quadrupedi. Una decisione che, secondo il primo cittadino, è stata accolta «molto favorevolmente». Non tutte le località spagnole sono però state così fortunate. A Rivas Vaciamadrid, al sud della capitale, hanno dovuto decidere se celebrare la festa del paese o se offrire uno spettacolo con i tori. Due encierros (la corsa con i tori), due capeas (corrida con vitellini senza uccisioni) e due novilladas (corrida con tori più piccoli e toreri non affermati), sarebbero costate al comune 96mila euro. Troppo. E il sindaco ha così deciso di eliminare i tori e di aspettare che «l'economia locale migliori» per poterli riportare nei prossimi anni. Non meglio è andata nei grandi comuni che hanno dovuto limitare i giorni di corrida per poter rientrare nei bilanci. Alicante ha deciso di eliminare una corrida durante le sue feste più importanti, le famose hogueras (il clou è l’incendio delle statue di cartapesta per la città il giorno di San Giovanni) per colpa della «congiuntura economica». Riduzioni di centinaia di migliaia di euro nelle spese per i tori sono all'ordine del giorno nelle feste di quasi ogni comune. Con la conseguenza di gettare nella crisi tutto il settore. La riduzione delle spese per gli spettacoli con i tori colpisce di fatto prima gli spettacoli più cari, come le corride, le novilladas e i rejoneadores (corride a cavallo) che sono anche quelli dove l'«arte del toreo» spicca sullo spettacolo della semplice sfida al toro. Secondo l'Unione degli allevatori di tori da combattimento di Spagna, tra gennaio e giugno si sono svolte in Spagna 383 «feste maggiori» (corrida, novillos, rejones) a fronte delle 523 del primo semestre dell'anno scorso e alle 654 del 2007. Il calo delle più belle feste taurine, dove si difende il (presunto per alcuni) carattere artistico della tauromachia, è stato però sostituito da spettacoli minori come i recortes (gare a schivare il toro), i toros embolados (tori a cui si collocano sulle corna palle di fuoco) o altre feste di carattere popolare che di artistico non pretendono di avere proprio nulla. La vera corrida sembra così morire schiacciata sia dalla crisi che dagli spettacoli dozzinali. A questo si potrebbe aggiungere un altro problema: il surplus di feste prodotte dal boom economico. Secondo Pablo Chopera, dell'Associazione nazionale di organizzazione degli spettacoli taurini, nel 1985 erano 500 le corridas più importanti in Spagna, mentre due anni fa si superavano abbondantemente le mille.

Per Chopera, saranno gli spettacoli consolidati a sopravvivere, mentre gli altri non potranno che scomparire rapidamente come lo stesso boom economico che li ha prodotti.

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