Padova - Sono lì, sulla tomba del cimitero di Codevigo (Padova), a portare un fiore, a recitare una preghiera, uniti dal dolore. Mariuccia aveva 32 anni quando, nel 2007, un tumore se l’è portata via. Il marito Adriano Cappello, 56 anni, e il figlio di 12 ieri erano andati a trovarla, come fanno spesso, come fanno sempre. Ma ieri il dolore ha innescato la follia di un uomo depresso, che non ha mai saputo metabolizzare quel lutto. Nel silenzio del cimitero guarda il viso del figlio, estrae una pistola e spara proprio su quel volto che gli ricorda la moglie. Una, due, tre volte, con una rabbia cieca. Il ragazzino crolla a terra, in un lago di sangue. Il progetto di Cappello, probabilmente, prevede un altro, ultimo capitolo: il suicidio. Ma a quel punto c’è un’altra forza che lo blocca, che lo richiama in sé. «Cosa ho fatto, cosa ho fatto», si chiede. Prende il cellulare e chiama un parente: «Ho ammazzato mio figlio e ora mi sparo».
Vivevano insieme a Piove di Sacco, nel Padovano, e cercavano di superare il dramma. Il tempo, pensavano, avrebbe aiutato. Tre spari in un pomeriggio disperato, seguiti da un confuso e tardivo pentimento hanno aggiunto dolore a dolore.
Intanto il parente allerta i soccorsi e chiama i carabinieri, li indirizza verso il cimitero di Codevigo. Ma l’ambulanza arriva e non trova nessuno. Medico e infermieri si guardano intorno, ripartono. Ma più avanti, in una strada della frazione di Rosara, i carabinieri notano una vecchia Fiat Uno. Cappello ha gettato la pistola in un fossato e il figlio è agonizzante. «Eccolo, correte, salvatelo».
Così, dopo aver organizzato un elisoccorso, i carabinieri portano in caserma quest’uomo che, peraltro, ha precedenti per rapina a mano armata. Faceva parte della mala del Brenta e per questo è una vecchia conoscenza delle forze dell’ordine. Ma i suoi precedenti non c’entrano con l’ultimo reato, inspiegabile, incredibile: tentato omicidio del figlio di 12 anni.
Il pm Orietta Canova cerca di mettere un po’ di ordine in un episodio che non trova spiegazioni razionali. E comunque al magistrato non resta che emettere l’ordine di arresto. Ma la battaglia vera si combatte altrove. Il dodicenne, infatti, è arrivato in condizioni disperate in rianimazione nel reparto di chirurgia pediatrica di Padova, dove l'équipe del neurochirurgo Domenico D'Avella cerca di strapparlo alla morte con un delicato intervento. Un proiettile gli viene estratto, per gli altri serviranno altre due operazioni di chirurgia maxillo-facciale. La prognosi è riservata e solo nelle prossime ore si saprà se ce la farà.
Ai carabinieri Cappello mostra tutta la disperazione di un uomo sconfitto. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, pare, è lo sfratto esecutivo dall’appartamento in cui viveva col figlio. Mercoledì avrebbe dovuto abbandonarlo.
Non c’era la moglie ad aiutarlo, non si poteva risolvere tutto con i metodi della mala del Brenta. L’arma stavolta l’avrebbe usata contro la persona che più amava ma a cui non avrebbe potuto garantire un futuro degno di questo nome. Il destino, si spera, scriverà un finale diverso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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