Gli orrori di Guantanamo sono la quintessenza dellillegalità. E chi li ha subìti, anche se terrorista per sentenza, può godere di un occhio di riguardo, lasciare il carcere e tornare a casa. Specie se, a perorare la sua causa, cè non solo il suo avvocato, ma anche un Pm di punta del pool milanese del calibro del procuratore aggiunto Armando Spataro.
È sempre stato contro Guantanamo, il Pm Spataro, lesperto di terrorismo che si è occupato, giusto per citare il caso forse più famoso, della vicenda Abu Omar. Che nella base statunitense riconvertita in carcere si svolgessero le peggiori violazioni dei diritti umani Spataro lha detto ogni volta che sia stato intervistato sul tema, ovunque. Ma una cosa è esprimere unopinione nei numerosi dibattiti e convegni che, tra libri suoi e presentazioni di libri altrui, da sempre frequenta; altro è giocare la carta opinione su Guantanamo in sede di udienza. Proprio quello che invece è avvenuto a Milano e che ieri ha portato alla scarcerazione di Adel Ben Mabrouk, uno dei presunti terroristi tunisini reduci da Guantanamo trasferiti in Italia nel novembre del 2009 in forza di un accordo tra il nostro governo e lamministrazione Obama.
Mabrouk, che ha goduto dei benefici del rito abbreviato, è stato giudicato colpevole dal Gup di Milano, Maria Vicidomini, che lo ha condannato a due anni per associazione per delinquere aggravata dalle finalità terroristiche. Ma lo stesso Gup ha accolto la richiesta di attenuanti generiche del Pm Spataro, sollecitata in considerazione del fatto che la carcerazione sofferta nella base statunitense «non è concepibile parole di Spataro in una democrazia». Risultato? Sì alla sospensione condizionale della pena e via, a casa. Mabrouk, per il giudice (la sentenza non è definitiva) è colpevole di aver fatto proseliti per la jihad facendo il barbiere allIstituto culturale islamico di viale Jenner a Milano, celebre perché ritenuto crocevia di molti integralisti islamici. Colpevole dunque di essere un terrorista, ma libero di andare dove meglio crede. Perché dal 2002 - e prima ancora in un carcere in Afghanistan - è stato detenuto nella base statunitense poi ribattezzata degli orrori.
Così è la vita. Gli altri due ex prigionieri di Guantanamo e della base americana di Bagram (Afghanistan), portati in Italia più o meno nello stesso periodo di Mabrouk, non hanno avuto la stessa fortuna. A settembre un altro Gup di Milano ha rigettato la richiesta di scarcerazione presentata dai loro legali in virtù della detenzione a Guantanamo. «Quella non conta», ha detto il giudice, lasciando in cella i presunti terroristi. Ma loro non avevano il «fattore Spataro». Un fattore determinante, come dimostra invece il ritorno in libertà del loro «collega» Mabrouk.
Qualcuno lo aveva predetto. Anzi, aveva proprio messo nero su bianco che il «fattore Spataro» avrebbe finito col fare la differenza in questa vicenda. Guardate cosa scriveva su Repubblica Carlo Bonini, il primo dicembre 2009, parlando degli ex prigionieri di Guantanamo portati in Italia: «Nessun giudice potrà non considerare che entrambi i cittadini tunisini (uno è proprio Mabrouk e laltro Mohammed Ben Riad Nasri, ndr) hanno già scontato sette anni di reclusione... Conoscendo lo scrupolo e lattenzione del procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro sulle questioni di principio e di sostanza nei procedimenti per terrorismo internazionale e sui profili che hanno riguardato i rapporti tra Italia e Usa nella guerra al Terrore, scommettere su qualche sorpresa potrebbe non essere azzardato». Detto fatto, scommessa vinta. Grazie al «fattore Spataro».
Eppure, sei anni fa, era lo stesso procuratore aggiunto a predicare limparzialità delle toghe, ligie solo, parole sue, allapplicazione delle leggi.
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