Roma

Spedizione punitiva a scuola per uno «sguardo di troppo»

Spedizione punitiva a scuola per uno «sguardo di troppo»

Uno sguardo di troppo tra ragazzi alla fermata del bus, qualche insulto, poi la promessa di regolare i conti più tardi, all’uscita di scuola. Una storia da Far West quella che venerdì mattina, nel cortile del liceo scientifico Aristotele di via Cesare Pavese, all’Eur, è culminata con l’accoltellamento di un ragazzo albanese di 17 anni. Una vera e propria spedizione punitiva in un quartiere dove è normale pensare che certe onte vadano lavate col sangue.
Ermir dopo essere stato operato d’urgenza è fuori pericolo. I suoi aggressori individuati. In carcere è finito R.I., 20 anni, incensurato, residente in uno dei ponti del Laurentino 38: lui avrebbe colpito alle spalle il minorenne albanese accorso in aiuto dell’amico in difficoltà e ora aspetta l’interrogatorio di convalida davanti al magistrato. È accusato di tentato omicidio e rissa aggravata. Stessi reati per i quali sono stati denunciati altri quattro ragazzi di età compresa tra i 14 e i 17 anni che hanno partecipato alla rissa. Accusato soltanto di favoreggiamento il giovane che si è preoccupato di portare via e nascondere il coltello. C’è anche la donna di uno dei bulli, che ha provveduto a far sparire e lavare un piumino sporco di sangue con un tirapugni all’interno: per il momento gli inquirenti non hanno preso provvedimenti nei sui confronti. Tra i denunciati per rissa aggravata risulta pure il giovane albanese, ma al termine degli accertamenti il magistrato dovrà valutare la sua posizione e probabilmente il reato verrà derubricato.
Sono le 8,30 di venerdì quando uno studente dell’Aristotele ha una lite con un ragazzo del Laurentino 38 di 14 anni alla fermata dell’autobus di via Pavese. La questione sembra finita lì, invece non è che l’inizio. I due si lasciano con la promessa di rivedersi più tardi. Il ragazzo del Laurentino non manca all’appuntamento, anzi si presenta con i rinforzi. Arriva a bordo di una Fiat Punto rossa con due amici a bordo, minorenni, e col fratello più grande, ventenne. «È quello», grida. E comincia l’accerchiamento, poi lo minacciano con una spranga di ferro. Lo studente preso di mira si spaventa, scappa all’interno della scuola, richiamando l’attenzione dei compagni e di alcuni docenti, che poi saranno fondamentali per la ricostruzione del raid e verranno anche minacciati. Nel cortile il giovane viene raggiunto dal gruppetto di bulli e picchiato. È a questo punto che entra in scena Ermir. Vede l’amico in difficoltà e si getta nella mischia in sua difesa. Per bloccarlo interviene il ragazzo di 20 anni, fino a quel momento defilato dalla rissa, che colpisce il giovane albanese con due coltellate alla schiena. Non contento R.I. torna in auto e prende una pistola, identica a quella usata dalla polizia, per spaventare gli studenti e i professori intervenuti. Poi i quattro si danno alla fuga. Ma nonostante la confusione, alcuni testimoni riescono ad annotare il numero di targa della Punto. Per gli agenti della Mobile così è facile risalire agli autori della spedizione punitiva nonostante al Laurentino, nel frattempo, come in una sorta di patto d’onore, sia scattata la corsa a far sparire le tracce dell’aggressione.
In poche ore gli inquirenti riescono a rintracciare gli aggressori e a recuperare le armi usate: il coltello, trovato in casa di uno degli indagati minorenni, un tirapugni, una spranga e, in casa del ventenne, una pistola replica, a tamburo. Dopo altre ricerche è stata trovata l’arma vera, nascosta sotto un masso in una zona verde del Laurentino. Sequestrati dalla polizia anche indumenti sporchi di sangue che i quattro avevano nascosto a casa di amici e fidanzate. In carce R.I.

continua a ripetere di essere intervenuto in aiuto del fratello più piccolo che era stato aggredito e picchiato.

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