Nto' e Lucariello cantano sui titoli di coda «Pe campari nuje vulimme 'na speranza» (per campare vogliamo una speranza), ma tra le Vele di Scampia e nei bassi di Secondigliano non ce n'è traccia. È un universo chiuso, un mondo ripiegato nella fatalità del male quello rappresentato da Gomorra - La serie, secondo derivato dalla docu-fiction di Roberto Saviano, dopo il film di Matteo Garrone (Sky Atlantic, martedì, ore 21,10, 658.000 spettatori medi).
Ma a differenza del libro, nella serie diretta da Stefano Sollima (Romanzo criminale), sceneggiata con il coordinamento di Stefano Bises, prodotta da Sky con Cattleya e Fandango, non c'è l'ambizione di delineare i contorni della criminalità organizzata, i nessi e le connivenze con il resto del mondo. C'è la presa diretta sul mondo del Male, chiuso, circoscritto, ineluttabile. Basta e avanza. Una produzione televisiva non si prefigge di debellare la camorra.
Ne racconta eccessi e perversioni con realismo assoluto (la testa fracassata del Bolletta che vibra sul pavimento). Il clan Savastano domina il traffico di droga della zona, ma ricattato dalle forze della legalità qualcuno spiffera una consegna di cocaina. Il virus del tradimento s'insinua nella cosca e don Pietro (Fortunato Cerlino) capisce che occorre prepararsi al dopo.
L'unico erede, il figlio Genny (Salvatore Esposito) è però ancora acerbo e viene affidato alle cure di Ciro (Marco D'Amore, un volto una storia). Sollima sceglie una narrazione cruda e apocalittica ad un tempo, dentro una lunga notte, senz'alba.
Le Vele sono il tempio del Male, ma le liturgie si preparano nella villa del boss (quello vero è Francesco Gallo, per la casa è stato disposto il sequestro dalla Procura di Napoli). Alternative non ne esistono: il riscatto e la redenzione non sono ipotizzate. Anche se i malavitosi hanno quadri di Padre Pio alle pareti...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.