"Vi racconto i miei segreti pop. Il rap? Non vedo altri Fabri Fibra"

Tiziano Ferro parla di "Tzn", una raccolta con inediti e duetti rari. "Vivo sempre sul filo dell'insicurezza e lo streaming è il futuro"

"Vi racconto i miei segreti pop. Il rap? Non vedo altri Fabri Fibra"

Proprio così. Elegante, scherzoso, sincero. Tiziano Ferro parla di sé con la stessa metrica coraggiosa ed innovativa dei suoi testi: «Il mio filo conduttore è l'insicurezza, con gli anni mi sono tranquillizzato ma la sensazione è sempre quella di camminare sul ciglio del burrone». Perciò ogni suo disco è pensato, meditato, curato come pochi altri sanno fare. Questo poi: una raccolta che raccoglie davvero tutta la sua carriera, dall'esordio sconosciuto a ora che è uno dei best seller. Lui dice che Tzn The Best of Tiziano Ferro (in uscita oggi) non è una semplice antologia composta da due cd con otto brani inediti cui si aggiungono un disco di rarità e uno di duetti (favoloso quello con Lorenzo Jovanotti in Tanto ): «Piuttosto è la scatola della mia memoria dall'Accademia di Sanremo a fine anni Novanta, quando mi scoprirono Mara Maionchi e Alberto Salerno, fino a L'amore è una cosa semplice di un paio di anni fa». Insomma un diario pop degli anni Zero nel quale si possono sfogliare anche le pagine più segrete.

Ad esempio, caro Tiziano Ferro?

«Ci sono brani come Il vento che per un soffio non è finito in Rosso relativo (il suo primo disco del 2001 - ndr ) oppure Se il mondo si fermasse , scritto per un album swing mai realizzato. Dopotutto lo scopo di questo disco non è soltanto celebrativo».

E allora qual è?

«Ho voluto parlare di me anche attraverso brani che facevo ascoltare solo agli amici e quindi erano sconosciuti al pubblico».

Alla fine sembra un disco nuovo.

«L'impegno e i contenuti hanno quel valore lì».

Il fil rouge sono i testi. E l'attenzione che si coglie nella scelta di ogni singola parola.

«Sono sconvolto da chi è sconvolto dai miei testi. Scrivo in funzione della canzone e non mi piace tanto scrivere parole da appiccicare a un musica già composta. Scrivo quasi seguendo, come si diceva una volta, il flusso di coscienza. E quando sento di aver scritto qualcosa che davvero mi rappresenti, sono in pace. Oltretutto, più il testo è sgorgato liberamente e meno lo ritocco».

Forse oggi il rap ha reso i testi più univoci e meno ricchi di sfumature.

«Sono nato nel tempo del primo rap italiano, vivendone i momenti d'oro. Ho fatto tour da corista per i Sottotono e ascoltavo artisti che leggevano e studiavano tanto. Era una fase nella quale, ascoltando free style di Neffa o Tormento, ci rimanevo male tanto erano belli. Ora non mi capita più».

Perché?

«Oggi questo mondo è diventato un territorio comodo da raggiungere anche per chi è meno curioso. E diciamo che in giro non vedo nuovi Fabri Fibra. Anzi, talvolta si ascoltano testi che non stanno neanche in piedi».

Tutto cambia musicalmente così in fretta.

«Per me poi, che uso ancora i bloc notes per gli appunti, la velocità è ancor più impressionante».

Due scelte: adeguarsi o condannarsi al vintage.

«Quando è uscito il mio nuovo singolo, ho potuto toccare con mano quanto si sia modificato il mercato».

Ad esempio?

«Le vendite del singolo, che costa circa un euro, sono arrivate a cinquantamila copie. Quelle per il mio tour negli stadi tra più di sei mesi hanno già superato i sessantamila biglietti. Sono dati che delineano una tendenza ben chiara».

Quale?

«Al pubblico piacciono sempre più gli eventi unici. Come i concerti. O i dischi rarità».

Effetto del web. E delle sue evoluzioni.

«Per dire, il singolo in pochi giorni ha raggiunto 10/11mila download su iTunes ma 250mila streaming su Spotify».

Lei aveva parlato contro lo streaming.

«A un certo punto ho detto: Tiziano arrenditi. In quel momento mi sono accorto che qualcosa deve cambiare anche nel mio modo di intendere la musica».

A proposito: il singolo è Senza scappare mai più . Un titolo che dovrebbe essere lo slogan del nostro tempo.

«Una canzone nata da un momento di crisi sentimentale, quando sei sulla sottilissima linea di confine tra l'ottimista e il pessimista. In quelle fasi tendo sempre a isolarmi fisicamente: non a caso ho vissuto tre anni in Messico e cinque a Londra e, appunto per questo, originariamente la canzone si intitolava Correrei».

Poi?

«Poi ho capito che era giusto cambiarlo. Invece di andarmene e fare i bagagli, ho preferito trasformare quelle sensazioni in buoni propositi per il futuro, provando a non scappare mai più, appunto».

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