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Il "moriremo tutti" di 13 Hours che rimarrà nella Storia. Cosa c'è dietro l'attentato

13 Hours è il film di Michael Bay che racconta la terribile notte dell'ambasciata americana a Bengasi, che fu bersaglio di un attentato terroristico nel 2012

Il "moriremo tutti" di 13 Hours che rimarrà nella Storia. Cosa c'è dietro l'attentato

13 Hours è il film diretto dal regista hollywoodiano Michael Bay e che andrà in onda questa sera alle 21.14 su Rete 4. La pellicola è tratta dal romanzo omonimo di Mitchell Zuckoff che racconta l'attentato occorso al consolato statunitense di Bengasi, in Libia, l'11 settembre 2012 per mano di un gruppo di militanti islamici.

13 hours, la trama

Nel 2012, Bengasi è considerata uno dei luoghi più pericolosi del mondo e per questa ragione la maggior parte dei Paesi ha scelto di "chiudere" le proprie basi diplomatiche in città per paura di attentati terroristici per mano degli islamici. Gli Stati Uniti d'America, tuttavia, hanno ancora un consolato in città, a poca distanza dall'avamposto della CIA dove si trova un gruppo di soldati di un'agenzia privata che sono gli addetti alla sicurezza.

Jack Silva (John Krasinski) è l'ultimo arrivato in questo speciale avamposto e viene preso sotto l'ala protettiva del suo superiore, Tyron Woods (James Badge Dale). Qui il soldato conosce il resto della squadra e soprattutto impara che il capo della CIA non vuole che i suoi soldati entrino in contatto con gli abitanti del luogo. Quello che Silva né i suoi compagni possono sapere è che nella notte dell'11 settembre un gruppo di militanti di Ansar al-Sharia sarà il responsabile di un attentato terroristico all'avamposto. I soldati saranno costretti a cercare di resistere all'attentato, contraccando per ben tredici ore (da qui il titolo del film), in attesa di ricevere rinforzi e soccorsi.

La vera storia dell'attentato terroristico

13 Hours racconta una serie di eventi realmente accaduti e che hanno scosso la coscienza politica degli Stati Uniti d'America. Come racconta Men's Journal, Kris Paronto - che nel film è interpretato dall'attore Pablo Schreiber - aveva già allarmato Scott Strickland, il capo della sicurezza del consolato, della grande vulnerabilità della base di Bengasi. Nello specifico l'ex militare ha detto: "Gli dissi: 'Se venite colpiti da qualcosa morirete, ca***!' E ricordo che gli occhi di Scott erano diventati grandi come piatti."

Purtroppo le previsioni di Paronto si mostrarono decisamente accurate quando circa 150 militanti islamici pieni di artiglieria e con le spalle coperte da camion d'assalto, hanno attaccato il consolato alle 22.00 dell'11 settembre 2012, quando cadeva l'anniversario dell'attacco alle Torri Gemelle. Strickland cercò immediatamente di mettere in salvo l'ambasciatore americano J. Christopher Stevens e l'ufficiale dei servizi esteri Sean Smith.

L'impossibilità di colpire direttamente l'ambasciatore spinse i terroristi ad appiccare incendi per tutto l'edificio, con la conseguenza che l'area si riempì molto velocemente di fumo. L'idea era quella di costringere l'ambasciatore a uscire allo scoperto per sfuggire al fuoco e soprattutto al fumo stesso. Nel frattempo, la squadra di sicurezza privata della CIA, che si trovava nel proprio avamposto, ricevette l'ordine di ritirarsi, rimanendo dunque "impotenti" a guardare l'assalto al consolato senza poter intervenire. Paronto parlò proprio di questi momenti immediatamente successivi all'ordine di ritirarsi. Disse: "Eravamo arrabbiati. Eravamo frustrati."

Mentre erano ancora nel loro avamposto, i soldati ricevettero una chiamata finale da parte del consolato, in cui si diceva: "Se non venite qui presto, finiremo col morire tutti." A quel punto Paronto e la sua squadra decisero di andare contro gli ordini ricevuti dal responsabile della sicurezza e affrontare i terroristi. Una volta giunti a destinazione - l'avamposto distava circa un chilometro dal consolato - i soldati non riuscirono a individuare l'ambasciatore Stevens per colpa del fumo che ancora imperversava nell'edificio. Perciò i soldati si occuparono di salvare il resto degli agenti presenti nel consolato.

Il corpo dell'ambasciatore venne rinvenuto solo il giorno successivo dai libici: Stevens si trovava in gravissimi condizioni e non riuscì a sopravvivere, morendo per le complicazioni dovute all'asfissia legata al fumo inspirato. Lo stesso destino toccò a Sean Smith.

L'attentato si concluse solo all'alba, dopo ore di combattimento, quando in soccorso degli Stati Uniti arrivarono le forze alleate della Libia che permisero ai soldati non solo di mettere fine a quelle ore di terrore, ma anche e soprattutto di sopravvivere.

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