
Di solito, nei Festival, premiamo delle pizze noiosissime. Questa volta, no. Il Leone d'Oro 2013 di Berlino è un signor film che offre diversi spunti di riflessione sul ruolo dei genitori oggi. Una lezione che arriva dalla Romania, come a dire che tutto il mondo è paese quando si tratta di mamme soffocanti e figli soggiogati.
Come Cornelia, sessantenne borghese, che continua a dispensare consigli non richiesti a suo figlio Barbu, trentaquatrenne che vive con una donna divorziata. Talmente soffocante da pregiudicare la capacità del giovane di assumersi una qualsiasi responsabilità. Problema che emerge, in tutta la sua gravità, quando Barbu investe e uccide, con la sua auto, un bambino. È Cornelia a prendere in mano la situazione, anche per la mancanza di stima nei confronti di un marito che la osserva inerme nella sua opera di distruzione psicologica.
Alla donna, cui dà volto una bravissima Luminita Gheorghiu, bastano i consigli, apparentemente disinteressati, che rifila a tutti, per minare le certezze degli altri e, in particolare, instillare un gravoso senso di colpa nel figlio. Il quale rischia la galera (come è normale che sia) se non fosse che Cornelia, rappresentante di una casta benestante, con i soldi cerca di corrompere tutto e tutti; anche il ritiro della denuncia da parte dei genitori del bimbo ucciso. È qui che il film suggella il premio meritato. In una campagna povera, il dialogo serrato tra le due madri rimette in riga il giusto valore del danaro. A Papa Francesco piacerebbe tantissimo la teoria che la morale e la coscienza non hanno prezzo. E al figlio, forse, converrebbe più la prigione che una vita dietro le sbarre di un amore soffocante.
Capacità narrativa non comune e toni shakesperiani per uno dei film più belli di questi ultimi anni.
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