Sanremo 2020

Achille Lauro si confida su Instagram: "Sono stato chi nessuno sarebbe mai voluto essere"

Con un lunghissimo post su Instagram, Achille Lauro ha raccontato le pieghe dolorose del passato, svelando i sacrifici della sua famiglia e le difficoltà attravrsate per diventare quello che è oggi

Achille Lauro si confida su Instagram: "Sono stato chi nessuno sarebbe mai voluto essere"

Se non ci fosse stato il Bugogate, la 70esima edizione del festival di Sanremo sarebbe stata ricordata soprattutto per le perfomance di Achille Lauro sul palco del teatro Ariston. Il giovane cantante ha messo in scena vere e proprie rappresentazioni artistiche, impersonando ogni sera un personaggio diverso.

San Francesco, David Bowie/Ziggy Stardust, Luisa Casati Stampa ed Elisabetta I Tudor hanno preso vita come magia sulle note di Me ne frego, un inno alla libertà assoluta, filo conduttore dei personaggi portati sul palco da Achille Lauro. Coraggioso come raramente sanno essere gli artisti che salgono sul palco di Sanremo, il giovane cantante ha iniziato un nuovo percorso artistico in questi giorni, diventando Chief Creative Officer di Elektra Records. Sul suo profilo Instagram, il ragazzo ama lasciare lunghi pensieri scritti nei quali fa confluire le sue emozioni e i suoi pensieri, un flusso di nozioni che permettono di capire meglio chi sia la persona dietro il personaggio. Ci ha provato il padre a raccontarlo, con un'intervista che ha fatto molto discutere e riflettere, ma nessuno meglio di Achille Lauro può raccontare la sua vita.

Si è detto tanto della famiglia del cantante, del lavoro importante del padre e del ruolo della madre, ma ora è Achille Lauro, nato Lauro De Marinis, a raccontare i retroscena. A modo suo, ha voluto spazzare il campo dalle voci, dalle dicerie e dalle mezze verità, raccontando ciò che lui stesso ha vissuto in prima persona. "Sono figlio di gente onesta, di chi ha sacrificato una vita per il lavoro sopportando per anni di farsi sputare addosso senza mai ricevere nulla", esordisce Lauro, che racconta chi era suo padre prima di diventare giudice della Corte di Cassazione: "Mio padre di giorno insegnava pur di portare a casa quattro soldi e di notte non dormiva ossessionato dal rimanere condannato in una misera vita." Sua madre, prima entrare nel suo entourage, ha fatto lavori umilianti “ma caritatevoli.”

"Mai dirò che mi ha fatto mancare qualcosa. La mia rabbia e la mia ambizione nasce dalle umiliazioni. Quello che hanno fatto alla mia famiglia mi ha fatto diventare chi sono. Mia madre ha vissuto per gli altri, andava sulla strada ad aiutare prostitute a salvarsi assumendosi grandi rischi, ospitava a casa bambini di famiglie in difficoltà anche quando noi stessi eravamo disperati", continua Achille Lauro, rivelando un lato inedito della sua famiglia, che ha conquistato lo status borghese dopo molti sacrifici. È orgoglioso, Lauro, della sua famiglia e non lo nasconde, così come non nega i rapporti difficili con loro: "Sono contento perché è anche grazie a quello che abbiamo passato se sono qui e, nonostante abbia avuto un rapporto difficile con la mia famiglia, sono felice perché oggi mio padre ha conquistato quello per cui ha vissuto e mia madre ha un ruolo importante al mio fianco."

La radice borghese nasconde un passato difficile sia per Achille Lauro che per la sua famiglia e nel suo lungo sfogo, il cantante non si nasconde dietro un dito ma rivela anche i suoi trascorsi difficili, quelli che hanno contribuito a renderlo la persona che oggi oltre la maschera del rapper provocatore: "Tutti hanno conosciuto me quando dormivo in una macchina, quando vivevo in uno squallido hotel a Boccea, quando avevo paura per mia madre, quando a Val Padana c’erano quei ragazzi e oggi sono rimasti solo ritratti sui muri e fiori." Si sarebbe potuto perdere come quei ragazzi, invece Achille Lauro ce l'ha fatta e oggi è assurto ad esempio da tanti giovani: "Sono diventato migliore di ieri perché sono già stato chi nessuno sarebbe mai voluto essere e perché quei ragazzi sono cresciuti avendo come esempio quello che non sarebbero mai voluti diventare.

Gloria ai miei ragazzi, a chi è come noi e a chi non c’è più."

Sono figlio di gente onesta, di chi ha sacrificato una vita per il lavoro sopportando per anni di farsi sputare addosso senza mai ricevere nulla. Mio padre di giorno insegnava pur di portare a casa quattro soldi e di notte non dormiva ossessionato dal rimanere condannato in una misera vita. Ho visto mia madre fare lavori umilianti ma caritatevoli. Mai dirò che mi ha fatto mancare qualcosa. La mia rabbia e la mia ambizione nasce dalle umiliazioni. Quello che hanno fatto alla mia famiglia mi ha fatto diventare chi sono. Mia madre ha vissuto per gli altri, andava sulla strada ad aiutare prostitute a salvarsi assumendosi grandi rischi, ospitava a casa bambini di famiglie in difficoltà anche quando noi stessi eravamo disperati. Sono contento perche è anche grazie a quello che abbiamo passato se sono qui e, nonostante abbia avuto un rapporto difficile con la mia famiglia, sono felice perché oggi mio padre ha conquistato quello per cui ha vissuto e mia madre ha un ruolo importante al mio fianco. Il mio nome è famoso perchè tutti hanno conosciuto me quando dormivo in una macchina, quando vivevo in uno squallido hotel a Boccea, quando avevo paura per mia madre, quando a Val Padana c’erano quei ragazzi e oggi sono rimasti solo ritratti sui muri e fiori. Sono contento quando riesco a fare qualcosa per le persone che ne hanno bisogno tra cui alcuni dei ragazzi cresciuti con me fin da piccoli, protagonisti delle mie storie vere e del mio successo, che ancora oggi vivono un disagio che alcuni sono solo capaci di raccontare. No cantastorie. Documentario di una generazione. Sono diventato migliore di ieri perchè sono già stato chi nessuno sarebbe mai voluto essere e perchè quei ragazzi sono cresciuti avendo come esempio quello che non sarebbero mai voluti diventare. Gloria ai miei ragazzi, a chi è come noi e a chi non c’è più. È ora di aprire il nuovo sipario dove la morte stavolta è soltanto una messa in scena e dove si rimarrà per sempre.

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