Cultura e Spettacoli

Addio a Carla Fracci, regina italiana della danza

Carla Fracci è morta oggi all’età di 84 anni dopo aver dedicato un’intera vita alla danza

Addio a Carla Fracci, regina italiana della danza

La più grande ballerina italiana ci ha lasciati. Carla Fracci è morta oggi all’età di 84 anni dopo aver dedicato un’intera vita alla danza. Da tempo lottava con coraggio e - come da lei chiesto - in stretto riserbo contro un tumore che l'aveva colpita da tempo. Le sue condizioni si erano aggravate negli ultimi giorni. Solo fino a qualche mese fa aveva partecipato come consulente alle riprese di "Carla", film tv sulla sua vita diretto da Emanuele Imbucci e girato a Milano lo scorso marzo. "È stato un momento bellissimo, emozionante", racconta oggi la produttrice Gloria Giorgianni, "Sul set era serena, ha seguito passo passo la sceneggiatura. Spero che il film possa renderle omaggio nel migliore dei modi, avrei voluto farglielo vedere finito...".

La ballerina che sognava di fare la parrucchiera

Fracci nasce a Milano nel 1936, ma trascorre la sua infanzia in provincia. “Sono nata poco prima della guerra, poi fummo sfollati a Gazzolo degli Ippoliti, in provincia di Mantova, quindi a Cremona. Papà lo credevamo disperso in Russia. Io giocavo con le oche, ci si scaldava nella stalla. Non sapevo cosa fosse un giocattolo, al massimo la nonna mi cuciva bamboline di pezza”, diceva parlando delle difficoltà della sua famiglia. La giovane Fracci sognava di fare la parrucchiera “anche quando, dopo la guerra, ci trasferimmo in una casa popolare a Milano, quattro persone in due stanze”, ma ad aspettarla c’era la danza. Una passione, quella del ballo, che nacque nel 1946 quasi per caso: “Da piccola mi piaceva muovermi. Ero un’attrazione tra i grandi che la domenica ballavano il liscio al laghetto Redecesio, nel dopolavoro dell’azienda tranviaria. Così i miei mi portarono all’esame di ammissione per la scuola di ballo della Scala”. Inizialmente la piccola Carla non amava il teatro e lo considerava una “prigione”, mentre la danza classica, per lei che era abituata al tango e al valzer, era una “costrizione”. All’età di 12 anni, però, l’atteggiamento della Fracci per la danza cambia di colpo quando fa la comparsa nel balletto La Bella Addormentata e vede danzare Margot Fonteyn. “Questo episodio è stato il sole, la luce che mi è apparsa. In quell’istante ho capito anche l’importanza di studiare e impegnarmi con sacrificio, per arrivare al livello di Dame Margot Fonteyn”, rivelerà parecchi anni dopo nel corso di un’intervista.

Il rapporto tra Nureyev e la Fracci

Nel 1954 la Fracci ottiene il diploma e due anni dopo diventa una danzatrice solista. Fu Luchino Visconti nel 1955 a segnalarla nel Passo d’addio, il saggio pubblico di fine corso o scuola nel quale la giovane Carla danzò con Mario Pistoni Lo Spettro della rosa di Fokin dopo La Sonnambula della Callas. “A 21 anni feci il celebre Pas de quatre con la Chauviré, la Schanne, la sublime Markova: quest’ultima aveva 47 anni e mi sembrava matura. “Mai andare in pensione”, mi disse un giorno Rita Levi Montalcini”, dirà la ballerina milanese. Nel 1958 è già prima ballerina e tra la fine degli anni ’50 e i primi anni ’60 danza con alcune compagnie straniere come il London Festival Ballet, il Sadler's Wells Royal Ballet, lo Stuttgart Ballet e il Royal Swedish Ballet. Nel 1961 Rudolf Nureyev arriva in Occidente e instaura con la Fracci una proficua collaborazione professionale.“Rudy non aveva un carattere facile, ma con lui ho trascorso dei momenti straordinari. I danzatori sono diversi e, quando danzano, hanno l’opportunità di scambiarsi emozioni. Lui aveva una forte personalità, possedeva un carisma e un’energia che accendeva il palcoscenico. Io ho ballato molto con lui, anche nelle sue coreografie era un tipo esigente”, dirà di lui.

Anni '60-'70, Fracci diventa una star internazionale

Nel 1964 la Fracci sposa il regista Beppe Menegatti, da cui ha avuto un figlio, Francesco che l’ha resa nonna di due nipoti. Del marito dirà: “Come donna ho avuto la fortuna di incontrare un uomo di teatro, di grande sensibilità e genialità”. E ancora: “Beppe mi è stato accanto nella mia carriera, nei viaggi che facevo per lavoro. Durante le mie tournée all’estero, mi portava sempre anche mio figlio. Tutto questo calore familiare ha contribuito al mio successo”. La ballerina considera, invece, suo figlio Francesco il successo più grande della sua vita “perché sono soprattutto una donna e una madre”. Nel 1967 la Fracci è una ballerina ospite dell'American Ballet Theatre e deve la sua fama alle interpretazioni di ruoli romantici e drammatici, quali Giselle, La Sylphide, Giulietta, Swanilda, Francesca da Rimini, Medea. Tra i vari grandi ballerini dell’epoca con cui calca il palcoscenico c’è Erik Bruh: “È lui che mi ha portato in America, prima per una trasmissione televisiva, poi al Metropolitan, per interpretare il ruolo di “Giselle” al suo fianco”. Nel 1969 viene anche una trasposizione cinematografica di quest’opera.

Carla Fracci è ormai un mito di fama internazionale tanto che Eugenio Montale le dedica una poesia, La danzatrice stanca, inserita nel Diario del '71 e del '72, uscito nel 1973. “Ho incontrato tutti, da Chaplin alla regina Elisabetta. Sono stata fortunata: tanta danza, ma anche prosa, cinema, fiction”, dirà la Fracci. La ballerina, però, non perde l’attaccamento alle sue umili origini ed è strenua sostenitrice del decentramento della sua danza.“Ovunque si possa danzare, dovunque si possa far conoscere la bellezza di quest’arte, vado sempre con trasporto. Tra le mie più grandi soddisfazioni, infatti, non c’è solo quella di aver danzato nei più grandi teatri del mondo, ma anche di aver portato il balletto nei posti più remoti, nelle periferie, e di aver trasmesso a tanti giovani questa passione”, dirà al Corriere della Sera. Nel 1982, è protagonista di uno sceneggiato tivù dove interpreta il ruolo di Giuseppina Strepponi, soprano e seconda moglie di Giuseppe Verdi, mentre alla fine degli anni ’80 dirige il corpo di ballo del Teatro San Carlo di Napoli.

Gli ultimi anni di vita di Carla Fracci

Dal 1994 è membro dell'Accademia di Belle Arti di Brera, dal 1995 è presidente dell'associazione ambientalista Altritalia Ambiente e nel 2004 viene nominata Ambasciatrice di buona volontà della FAO. Dal 1996 al 1997 dirige il corpo di ballo dell'Arena di Verona, mentre dal 2000 al 2010 è direttrice del corpo di ballo del Teatro dell'Opera di Roma.“È stato un ruolo difficile ma bello. Mi ha permesso di lavorare con i giovani che sono il futuro, di dare loro degli insegnamenti. Tutto questo mi ha gratificata molto. È bello scoprirsi in un ruolo che non pensavi di avere; bisogna essere anche un po’ psicologi, saper dare consigli, infondere forza e trasmettere passione ai nuovi danzatori”, dirà al Corriere della Sera. Nel 2003 riceve l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Dieci anni più tardi esce la sua autobiografia Passo dopo passo pubblicata da Arnoldo Mondadori Editore. Dal giugno 2009 al 2014 la Fracci ricopre il ruolo di assessore alla Cultura della provincia di Firenze e, in seguito, diventa ambasciatrice di Expo Milano 2015. L’anno successivo la sua imitazione fatta da Virginia Raffaele sbarca al Festival di Sanremo e lei, anziché risentirsi, chiede ai cronisti dell’Ansa: “Potete aiutarmi a contattarla per farle i complimenti?”.

Concluderà la sua carriera da grande star internazionale, ma col rammarico di non aver mai diretto il teatro della Scala e di non essere riuscita a dar vita a una compagnia nazionale del ballo: “Non me ne faccio una ragione. Ho lottato tutta la vita per creare una mia compagnia, mi sarebbe bastato anche un gruppo sostenuto dal Ministero. E la direzione della Scala mi spettava di diritto, invece no.

Eppure all’Opera di Roma, in dieci anni di direzione, ho dimostrato di saper costruire anche dalle macerie”, commenterà con l’amaro in bocca.

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