"Altro che Hollywood Ormai la creatività passa dalla televisione"

L'attrice premio Oscar Halle Berry (48 anni) ha accettato di recitare nella serie Extant di Spielberg: "Al cinema mi propongono solo parti già viste"

"Altro che Hollywood Ormai la creatività passa dalla televisione"

da Los Angeles

Un'altra attrice premio Oscar che si dà ai serial tv: Halle Berry è l'ultima di una lunga sfilza di grandi attori di Hollywood esodati dal grande schermo al piccolo, il nuovo importante trend di questi anni. Ci mancano Tom Cruise e Brad Pitt e il quadro è completo. La Berry, in grande forma a 48 anni (li compie il 14 agosto), è protagonista assoluta della nuova serie della Cbs, prodotta niente meno che da Steven Spielberg, Extant: 13 episodi prossimi al debutto in Usa. «Il copione di questa serie era di gran lunga migliore di tutti quelli che mi vengono offerti per i film in questo periodo», spiega la Berry, vista di recente al cinema nel nuovo di capitolo di X-Men (è la mutante Storm) e due anni fa in Cloud Atlas. «Non so se è perché sto invecchiando, per semplice sfortuna o perché davvero la televisione è la nuova frontiera per una fiction creativa e originale. Fatto sta che sono felicissima che la tv esista». In Extant la Berry interpreta Molly Woods, un'astronauta che torna in terra dopo una missione scientifica solitaria nello spazio durata 13 mesi. La cosa strana è che al momento del ritorno è incinta: com'è possibile? È stata sempre isolata nella sua stazione spaziale. Alcuni flashback della sua missione mostrano però l'esistenza di qualche enigma. Mistero. Come se non bastasse Molly è già madre di un androide, un bambino di nove anni chiamato Ethan (Pierce Gagnon), costruito dal marito di lei (Goran Visnjic) inventore e teorico della robotica sensibile e pseudo-umana (siamo in un futuro prossimo). Ethan vorrebbe essere un bambino come un altro. Il tema dell'«Intelligenza Artificiale» è caro a Spielberg, e infatti è evidente l'eco del suo pinocchiesco A.I.. Al mistero della gravidanza «impossibile» si aggiungono gli oscuri propositi dell'«industria», rappresentata qui dal magnate Yasumoto, con echi a «strane forze» e X-Files». Tutto ciò solo nell'episodio di apertura... La Berry (Oscar per Monster's Ball - L'ombra della vita, 2001) è sposata con l'attore francese Olivier Martinez, da cui ha avuto otto mesi fa il bambino Maceo. Ha anche una figlia, Nahla, di sei anni, avuta dall'ex fidanzato Gabriel Aubry. Una donna di grande talento che solo adesso, però, sembra aver trovato equilibrio nella sua privata e domestica. L'abbiamo incontrata a Los Angeles, dove si gira la serie (negli studi della Sony a Culver City).

Signora Berry, davvero non riesce a leggere bei copioni per il cinema? Una come lei?
«Eh, una come me... Alcuni copioni per film non sono male, Cloud Atlas era molto interessante, ma è stata un'eccezione alla norma. Mi arrivano offerte per ruoli che sento di aver recitato tante altre volte. Non emozionanti abbastanza per farmi decidere di lasciare la famiglia per quattro mesi da passare su un set chissà dove. E ho scoperto che la scrittura migliore, soprattutto per ruoli femminili, la vediamo oggi in televisione. L'innovazione si fa in tv, non al cinema».

Chi è Molly Woods per lei? Ce la descrive?
«Molly è un personaggio molto forte, capace di stare nello spazio da sola per oltre un anno come se nulla fosse. Mi piacciono personaggi forti. Mi sento chiedere se sia un'altra versione di Sandra Bullock in Gravity: sono due storie completamente diverse, ma sono due astonaute, certo, forti ma anche sensibili e vulnerabili. E allora dico: ben vengano le comparazioni».

Una madre che lascia la famiglia per lo spazio. Ci si riconosce?
«La madre di un robot, attenzione. E ora incinta di non si che cosa! Io, come dicevo, non potrei mai lasciare i miei figli per più di tre giorni di seguito. Una famiglia complicata. Non c'è niente di lineare nel suo mondo».

Che ne pensa della teoria «umanistica» sui robot come descritta nella serie?
«È una forma di intelligenza artificiale impegnata a trovare una connessione con l'umanità e distinguere il bene dal male e sentirsi libera di trovare il proprio cammino autonomamente. Lo so è strano: che senso ha costruire macchine che se ne vanno per conto proprio, che magari si ribellano, ti respingono e infine si sentono infelici e insoddisfatti? Dico, non ci sono abbastanza adolescenti umani? Ma insomma, con la fiction bisogna sempre compiere un atto di fede. Ma gli spunti di riflessione ci sono».

Spielberg viene sul set della serie? Parlate spesso?
«Viene di tanto in tanto, certo, come sapete lui produce molta televisione,

compreso Under the Dome, tuttora in produzione, perciò fa su e giù tra i due set. La nostra serie è pervasa da quel senso sentimentale che si profonde anche nella fantascienza, come lui ha sempre fatto da E.T. in poi...».

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