
da Cannes
Facili profeti. Il colpo di grazia a Grace lo dà il dialogo fra la principessa e il principe consorte suo marito, un Ranieri di Monaco a cui Tim Roth presta sullo schermo un'allure più da boss mafioso che da testa coronata. Saremo felici anche senza regno, cinguetta lei, andremo a vivere in campagna, a Montpellier... È successo che il cattivissimo de Gaulle vuole far pagare le tasse alle aziende francesi che sfruttano il paradiso fiscale di Montecarlo, e minaccia in caso contrario di invaderlo con i carri armati. Come nelle fiabe, sarà Grace Kelly a ridurlo a più miti consigli schierandogli contro il Ballo Internazionale della Croce Rossa. «Una Venere americana» commenta conquistato il vecchio generale. «Ti amo» sussurra rapito Ranieri.
Accolto con qualche fischio e un po' di risate dai critici, il film, fuori concorso, di Olivier Dahan, ottiene però, grazie a Nicole Kidman, un'accoglienza trionfale alla serata d'apertura della 67esima edizione del Festival. L'attrice australiana è infatti perfetta nel suo prestare volto e corpo a un'icona del cinema d'antan e la sua presenza sullo schermo e sulla montée des marches impedisce il disastro totale. Più a suo agio nel raccontare la vita di Edith Piaf che le atmosfere ovattate del più piccolo principato del mondo, Dehan è del resto riuscito a litigare con il produttore americano, che ha deciso di non distribuire la pellicola negli Stati Uniti, e con la stessa famiglia Ranieri che ha definito l'opera «un falso con fini commerciali» e ha disertato la prèmiere. Solo lo sciovinismo tipico dei francesi ha fatto sì che, nonostante queste premesse, Grace abbia inaugurato Cannes.
È lo stesso sciovinismo che, all'incontrario, ha segnato l'avventura di Welcome to New York, di Abel Ferrara, destinato a raccontare le disavventure sessuali che costarono la candidatura all'Eliseo a Dominique Strauss-Kahn (Gerard Depardieu gli presta il suo corpaccione e la sua ben nota bravura). Candidato sino all'ultimo alla selezione, alla fine è stato escluso, ma il suo produttore, Vincent Mareval, non si è dato per vinto e ne ha programmato per questo sabato l'uscita su Internet e nei cinema della città, una sorta di contro-festival di protesta su cui fatalmente scorrerà un fiume d'inchiostro. Come si vede, è il trionfo del biopic (biographical picture), visto che al Festival ne verranno proiettati altri due, la vita del pittore William Turner e quella dello stilista Yves Saint-Laurent. Sono in fondo i più facili da produrre: poggiano su un nome famoso che rassicura gli investitori, e coprono la mancanza di idee degli sceneggiatori. I loro eroi rassomigliano ai supereroi dei film per bambini, di cui si conosce la storia ancora prima di vederla. Ciò che li rende diversi dalle biografie cinematografiche degli anni Cinquanta, è che, invece di raccontare tutta una vita, ne celebrano un momento particolare. Grace è focalizzato sulla querelle franco-monegasca al tempo in cui l'attrice meditava di tornare al vecchio mestiere, così come, negli scorsi anni, Truman Capote di Bernard Miller metteva in scena lo scrittore mentre lavorava al suo A Sangue freddo; La mia settimana con Marilyn, un flirt della Monroe durante le riprese inglesi di Il principe e la ballerina; The Social Network, il momento in cui Marc Zuckenberg inventò Facebook...
Sono tutte pellicole che poggiano interamente sulle spalle degli attori (e dei truccatori...) e che spesso valgono loro riconoscimenti prestigiosi, Oscar, César etcetera. È successo con Philip Seymour Hoffman per Truman Capote, appunto; con Maryl Streep per la sua interpretazione di Margareth Thatcher; con Daniel Day Lewis per Lincoln; con Marion Cotillard per il già citato La Môme, al punto tale che c'è chi ha ipotizzato di creare un premio speciale e una categoria a parte.
Tornando a Nicole Kidman, radiosa sullo schermo, nella conferenza stampa e nella passerella d'apertura, più di quello che ha fatto era impossibile fare. È come se un'altra Grace Kelly, eguale, ma diversa, tornasse a recitare, elegante, altera, appassionata, seducente eppure distante. Purtroppo, ciò che non funziona è tutto il resto, il complotto familiare dentro il principato per estromettere Ranieri, il braccio di ferro con il governo francese, la presenza di Aristotile Onassis (Frank Langella) e di Maria Callas (Paz Vega).