Cultura e Spettacoli

Apri la "Stanza 237" e dentro scopri i segreti di Kubrick

Il documentario di Ascher svela i veri significati di Shining: un film misterioso in cui si può vedere il genocidio dei pellerossa, l'Olocausto e l'allunaggio (finto) del '69

Apri la "Stanza 237" e dentro scopri i segreti di Kubrick

Cosa si nasconde dietro un film? D'abitudine poco o nulla. La quasi totalità dei film hanno un inizio, più o meno breve; uno svolgimento, quasi sempre troppo lungo; e poi una logica (talvolta sgangherata) conclusione. Ma se il film è un capolavoro, un'opera d'arte? Allora, in questo caso, dietro il film può nascondersi di tutto. Soprattutto se il genio che l'ha partorito volutamente ha confuso le carte. Una conferma a questa regola certo non scritta, ma pur sempre valida, arriva dall'intrigante documentario Room 237 di Rodney Ascher, in programmazione sui canali digitali di Sky Arte HD (130 e 400). La stanza 237 è il luogo dei misteri di uno dei film più famosi del cinema contemporaneo: Shining di Stanley Kubrick. Kubrick lo realizzò nel 1980, come al solito dopo lunga, sofferta e meticolosa lavorazione. Veniva dal sontuoso e annoiato Barry Lyndon (1975). Aveva bisogno di nuove sfide. Di oltrepassare barriere.
Tra i tanti progetti possibili Kubrick trovò l'ispirazione nel romanzo di Stephen King The Shining (1977). Ne venne fuori un'opera spettacolare, misteriosa, inquietante. Con Shining il terrore invase l'America, come recita il manifesto pubblicitario affisso all'entrata di un cinema, osservato con attenzione da Tom Cruise nell'ultima pellicola del regista newyorkese, Eyes Wide Shut (1999). In realtà nel film Cruise è davanti ad un caffè, ma basta un piccolo trucco digitale. Ascher ha la stoffa dell'illusionista, e costruisce il suo documentario riportando pareri di alcuni appassionati di Shining. E qui viene il bello. Il film ha un significato? Certo che ce l'ha. Rappresenta il genocidio dei nativi americani (indiani) da parte dei bianchi. Possibile? Basta guardare il film con attenzione, fotogramma per fotogramma, avanti e indietro, ingrandendo particolari, per scoprire che è disseminato di riferimenti agli indiani. Senza tralasciare il fatto che l'albergo nel quale si svolge per intero la storia è stato costruito su un cimitero indiano. Un momento, però. Shining in realtà sarebbe una meditazione sull'Olocausto. Gli indizi, le prove? La macchina da scrivere del protagonista è una Adler (aquila in tedesco, ovviamente nazista), e ha una scritta, 1942, l'anno della soluzione finale. Il sangue che spesso invade, allaga lo schermo, sarebbe dunque sangue indiano e giudaico. Possibile? La spiegazione è semplice. Kubrick usava immagini subliminali. Astuzia carpita al linguaggio innovativo usato dai pubblicitari. In Shining esiste un testo: un grande e lussuoso albergo del Colorado (l'Overlook Hotel), con un maestoso giardino labirintico, verrà chiuso per l'inverno con l'arrivo della neve. Ci vuole un guardiano. Si presenta un custode (Jack Nicholson), scrittore fallito, con moglie e figlioletto. L'uomo gradualmente impazzisce. La donna cerca di difendersi in tutte le maniere. Il bambino ha poteri paranormali. L'albergo è abitato da spettri. Fin qui il testo. Ma il sottotesto ha radici profonde e ramificate. Indiani ed ebrei sterminati. Fantasmi e demoni attratti sessualmente dagli uomini (una strega bellissima fa sesso nella stanza da bagno con il protagonista, e al contatto si decompone). Poteri paranormali. Bambine morte anni prima che riappaiono. Kubrick lavora come un matto ad ogni singola scena. È un maestro, come Orson Welles, della profondità di campo. Così riesce a ficcare dentro le immagini dettagli a non finire. Creava film alla stessa maniera di come il cervello umano crea i sogni. Tutto qui? Magari. Il numero della stanza 237, assolutamente da non aprire, ma che puntualmente viene aperta, ha lo stesso numero del teatro dove Kubrick avrebbe girato la scena dell'allunaggio dell'Apollo 11 nel 1969. Tranquilli non è Kazzenger! L'uomo sulla Luna ci arrivò davvero. Però servivano immagini credibili e Kubrick mise a disposizione il talento per la nazione, lasciando le prove del misfatto in Shining. Finito? Nemmeno per sogno. Un'ultima geniale trovata. Come è noto il film è un rompicapo voluto dall'autore. L'ultima immagine riprende, attraverso una lenta inquadratura, una foto appesa al muro. Vediamo il protagonista da giovane e la scritta: Overloock Hotel ballo del 4 luglio 1921. La foto mette tutto in discussione. Logica, razionalità, comprensione. E se vedessimo il film al contrario? Dall'ultima risalendo alla prima immagine, la storia sarebbe la stessa. L'ora e quaranta del documentario è volata. Grazie alle immagini di Kubrick, straordinarie. Del commento una frase va salvata.

«Shining bisogna continuare a guardarlo». Giusto!

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