"Porterò Rugantino negli Usa come Manfredi mezzo secolo fa"

L'attore Enrico Brignano fa rivivere a Broadway il musical di Garinei&Giovannini: "Una sfida, reciteremo davanti al pubblico più esigente del mondo"

"Porterò Rugantino negli Usa come Manfredi mezzo secolo fa"

da Roma
Questo sì che è un colpo. Nel 1964 Nino Manfredi sbarcò a Broadway col primo -e unico- musical italiano mai rappresentato negli States: Rugantino. Esattamente cinquant'anni dopo, il proverbiale sbruffone trasteverino tornerà a supplicare Roma di «nun fa'la stupida stasera» fra i grattacieli di Manhattan. E in attesa della storica rentrée -appuntamento al New York Center di Broadway il 10 giugno 2014- già lunedì 14, nella parata del Columbus Day (cui già furono invitati, tanto per dare un'idea, italiani illustri come Pavarotti o Zeffirelli) sfilerà il nuovo protagonista del capolavoro di Garinei e Giovannini. Enrico Brignano.
Allora Brignano: bel colpo, eh?
«Bel colpo, si. Da Dragona a Broadway: da un ignoto quartiere della periferia romana al centro dello show business mondiale. E lunedì prossimo sfilerò per la Fifth Avenue, colla banda, il tricolore, le majorettes... Mi sento quasi come Alberto Sordi, quando gli consegnarono le chiavi di Kansas City. Niente male davvero».
Lei è già stato acclamato protagonista di Rugantino per due stagioni in tutta Italia. Ma stavolta...
«Stavolta lo reciteremo davanti al pubblico più esigente del mondo, in fatto di musical. E poi cinquant'anni fa non sapevano che questo è un capolavoro. Oggi si. Rimasero sbalorditi dalla morte finale del protagonista: gli americani di allora adoravano l'happy end. Perdippiù reciteremo in romanesco. I traduttori stanno lavorando ai sottotitoli; ma già so che alle nostre battute (come già nel 64, del resto) gli italo-americani in sala rideranno subito. Mentre gli americani -come in un “effetto eco”- solo dopo aver letto i sottotitoli».
Ma Roma nun fa' la stupida stasera lo fischietteranno tutti allo stesso modo.
«Quello sì. Perché Rugantino è un eccellenza del made in Italy. Come le Ferrari o Armani. Perfetto in tutto; musicale non solo nelle celebri canzoni di Armando Trovajoli: perfino nel copione. A volte -confesso-ho provato a cambiargli qualche battuta, per migliorarlo ancora. Ma non puoi migliorare ciò che è già perfetto».
Più che col ricordo di Manfredi, Aldo Fabrizi e Ornella Vanoni (interpreti della prima tournée) lei dovrà vedersela coll'idea che gli americani hanno degli italiani.
«Che non è molto cambiata, dal '64 ad oggi. Mentre siamo cambiati noi. Io vorrei tanto che i romani d'oggi somigliassero ancora a Rugantino: sbruffoni e strafottenti, ma di buon cuore. Il cinismo del benessere, invece, ci ha induriti; le disgrazie degli altri ci lasciano indifferenti. Oggi il nipote di Rugantino ha i tatuaggi. Ed è diventato un bullo ».
Però in America ci amano ancora. E amano Rugantino.
«Perché quello è un prodotto genuino dell'italianità. Noi abbiamo successo in America ogni volta che rappresentiamo veramente noi stessi: Ladri di biciclette, La Ciociara, Nuovo Cinema Paradiso... Perché nonostante tutti i nostri difettacci -diciamolo- noi restiamo i migliori del mondo. Già ora sento quanto, soprattutto nella comunità degli italo-americani di laggiù, questa tournée riempia tutti di un orgoglio spontaneo».
Proviamo a immaginare la serata del 10 giugno, quando dovrà attaccare il momento più atteso: Roma nun fa' la stupida stasera.
«Allora ricorderò gli insegnamenti del mio maestro, Gigi Proietti. “Il batticuore fatelo venire prima. Dopo scordatelo”. E poi avrò un vantaggio.

In quel punto Rugantino è turbato: chiede a Roma di aiutarlo nel conquistare Rosetta. Così l'emozione del personaggio si confonderà con quella dell'interprete. E se la voce mi tremerà nella gola -e mi tremerà certamente- tutti penseranno: “Che bravo attore!”».

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