Alla Scala già si lavora ad Attila, opera di Giuseppe Verdi che arriva con il carico di forza primigenia del barbaro conquistatore. E di fatto chi darà voce e corpo al re degli Unni emana energia fin dal nome. Si chiama Ildar Abdrazakov, gloria di una Russia notoriamente serra di bassi d'eccezione. Per la precisione è nato a Ufa, capitale della Baschiria nonché terra di Nureyev: «Un uomo nato per volare», aggiunge subito, orgoglioso delle proprie radici. A lui il ruolo del titolo con cui, il 7 dicembre, apre la stagione del Teatro alla Scala. Il compito, dunque, di condurre da protagonista l'evento di musica colta che - in tema di risonanza internazionale - compete solo con il Concerto di Capodanno da Vienna. Il basso Abdrazakov, 42 anni, è un Attila navigato. Conosce il ruolo in ogni sua piega, lo ha affrontato con artisti di formazione e sensibilità diverse, da Riccardo Muti a Valery Gergiev.
Per la prima volta lavora a questo personaggio con Riccardo Chailly direttore musicale della Scala e dunque sul podio dell'opera di inaugurazione. Per la verità, cantante e direttore già si conoscono per via di un Rossini fatto 18 anni fa. Rapporti con la Scala? Speciali e continuativi racconta Abdrazakov. Fu proprio il debutto milanese del 2001, nella Sonnambula di Bellini, ad accendere i riflettori su di lui. «Questo è un teatro dalla storia straordinaria. Cantare Verdi in Italia richiede tanto lavoro, vuol dire riaprire la parte italiana del mio cuore». Perché abita fra Mosca e Vienna, ma come dimostra il fluente italiano, «il mio cuore è metà russo e metà italiano. Russia e Italia sono i due Paesi dove ho lavorato tanto e dunque sono cresciuto professionalmente».
Il 5 novembre sarà alla Scala per un recital «scalda-muscoli». In ottobre, è stato impegnato in Ernani di Verdi. O meglio, era la colonna portante dell'intero spettacolo, la presenza più significativa dell'intero cast. È estroverso, solare, pronto alla battuta ma confessa di sentirsi «più vicino ad Attila che al vecchio Silva (in Ernani). Penso per questioni anagrafiche». O forse perché Abdrazakov è nato per essere leader.
Per dire che non vede l'ora di calarsi nei panni del capo degli Unni, colui che conquistata Aquileia, entra in scena trionfante, fra cori inneggianti e su un carro tirato dagli schiavi. «Eroi levatevi. Stia nella polvere chi vinto muor», esordisce tonante. «È un personaggio che mi appartiene, è dentro di me. Sento di poter esprimere tutta la sua aggressività, è la musica di Verdi a darmi questa carica. Poi mi piace la drammaturgia di quest'opera. Ogni pezzo è rifinito, perfetto, sembra pensato per raccogliere applausi. Sono sicuro che anche il pubblico godrà di quest'ascolto», dice convinto e convincente.
Certo. Attila non è solo forza, è feroce invasore ma anche fiero giustiziere, terrorizzato dal soprannaturale, un uomo complesso dunque, proprio come l'amata Odabella che lo ucciderà con la sua stessa spada. Chiede tanto a un interprete.
Abdrazakov si sente pronto, così dentro il suo ruolo che in aprile curerà la regia di Attila a Ufa. «Non è mai stata allestita nella mia città natale e poiché lì ho creato un festival, ho voluto inserire l'opera in cartellone. Vorrei coinvolgere più artisti italiani possibili. Li sto convincendo». Curiosità.
Due anni fa, ha vestito i panni di Attila a Monaco, durante la luna di miele. Sciolto il matrimonio con Olga Borodina, ha sposato la bellissima Marika dalla quale ha avuto due bimbe. Le crescerà nell'arte, come è accaduto a lui: figlio di un regista e di una pittrice, il fratello è basso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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