Cultura e Spettacoli

Beyoncé domina i "mini" Grammy

Lo scopo principale dei Grammy Awards è di consacrare o di lanciare. Stavolta hanno consacrato Beyoncé, se mai ce ne fosse bisogno

Beyoncé domina i "mini" Grammy

Lo scopo principale dei Grammy Awards è di consacrare o di lanciare. Stavolta hanno consacrato Beyoncé, se mai ce ne fosse bisogno, consegnandola al record assoluto per una artista femminile di 28 premi conquistati in carriera (uno più di Alison Krauss). E hanno lanciato la rapper Megan Thee Stallion che, quantomeno in Italia, non ha ancora un ruolo top sul mercato: per lei Best New Artist e Best Rap Song e Best Rap Performance (queste ultime due con Beyoncé). Pur essendo inevitabilmente americanocentrici, i Grammy Awards sono sempre stati un motore inarrestabile per tutta la musica del mondo, per lo meno di quello occidentale, e sono un formidabile aggregatore di consenso a ogni latitudine e per ogni fascia di età. La missione è stata raggiunta anche quest'anno, ossia nel peggiore degli anni musicali da tantissimo tempo vista la scarsità di pubblicazioni, di concerti e di attenzione globale per il pop. Tanto per capirci, la sessantatreesima edizione dei Grammy era prevista il 31 gennaio ma la pandemia (e la grande diffusione in California) ha consigliato lo spostamento della cerimonia del Convention Center di Los Angeles fino al 15 marzo. In ogni caso, a trionfare sono state le donne, che hanno battuto tutti in ben otto delle undici categorie principali. E non è una sorpresa. Ad esempio Billie Eilish, autentica conferma dei corsi e ricorsi del pop, ha vinto il Record of the year grazie a Everything I wanted, Taylor Swift si è portata a casa l'Album of the year (Folklore)e H.E.R. il premio per Song of the Year (I can't breathe). Infine Dua Lipa è Best pop vocal album (Future Nostalgia). Per il resto è del malvestito Harry Styles la Best Pop Solo Performance con Watermelon Sugar e degli Strokes il premio per Best Rock Album (The new Abnormal). Da notare il Grammy al Best Engineered Album Classical a Riccardo Muti con la Chicago Symphony Orchestra (Shostakovic: Symphony No.13). In poche parole, un'edizione di transizione che ha regalato qualche performance destinata a rimanere nella storia dei Grammy (come quella di Brittany Howard e Chris Martin dei Coldplay) e una sconfitta niente male come quella dei Bts, boyband fenomeno del K-pop che si è esibita ma non ha vinto nulla perché battuta da Lady Gaga e Ariana Grande nella categoria Best Pop Duo/Group Performance (Rain on me).

Per il resto, nulla di nuovo sul fronte del pop, e non avrebbe potuto essere diversamente: nell'anno del vuoto, l'importante è esserci, non cambiare la storia.

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