"Da Borges a Marcorè il mio gioco preferito è l'entusiasmo per la vita"»

L'artista pubblica un disco «breve ed essenziale» Un altro uscirà in autunno. Lo show all'Arena

"Da Borges a Marcorè il mio gioco preferito è l'entusiasmo per la vita"»

Difficile che Nek abbassi l'asticella. Lui vive di musica, da sempre, e anche mentre parla del nuovo disco suona la sua chitarra Gretsch: «Non posso farne a meno», sorride. Il mio gioco preferito (Parte prima) è il suo quattordicesimo album, forse il più essenziale: «Ho sentito il bisogno di allontanarmi dall'elettronica utilizzata negli ultimi dischi e tornare agli strumenti tradizionali».

Dopotutto, in questi sette brani il basso, la chitarra e la batteria li suona quasi sempre lui: «Mi sono divertito a tornare alle origini». E il risultato sono brani (carichi di energia) che hanno forse alcuni dei testi migliori scritti da questo eterno ragazzo di 47 anni. Ad esempio Cosa ci ha fatto l'amore. Oppure Il mio gioco preferito.

A proposito, Nek, cos'è il suo gioco preferito?

«È la passione per la vita, l'entusiasmo che ho sempre».

Come mai un album così breve?

«Perché è la prima parte di un progetto. Ho scritto circa 24 canzoni ma poi ho scelto di dividere il risultato finale in due capitoli. Questo esce oggi, il prossimo uscirà in autunno. È come se fossero due momenti diversi che raccontano storie diverse».

Perché questa scelta?

«Pur rimanendo essenziale, ho voluto dar più tempo al pubblico di ascoltare e entrare in contatto con la mia musica e le mie parole».

Ha iniziato a presentarsi a Sanremo con Mi farò trovare pronto.

«È ovvio che mi sarei aspettato di più dal Festival rispetto a come poi è andata a finire. In fondo anche Fatti avanti amore mi aveva stupito ricevendo un successo che non mi aspettavo. Stavolta è andata diversamente, sono cose che capitano. Sanremo è una grande vetrina dove i progetti iniziano e così è stato anche per me e per questo disco Il mio gioco preferito».

C'è anche Mi farò trovare pronto (di fronte a te) con l'intervento di Neri Marcorè.

«Ci siamo sentiti un paio di anni fa in occasione di Risorgimarche. Poi tutto si è concretizzato a Sanremo. Qui la sua voce affronta i versi scritti apposta dal suo amico poeta Filippo Davoli».

Il legame tra Nek e la poesia non è un caso isolato.

«In passato avevo già tratto ispirazione da poesie di Prévert e Neruda. Anche il brano di Sanremo, Mi farò trovare pronto, è stato ispirato da una poesia di Borges che io non conoscevo. È stato Paolo Antonacci a parlarmi dei versi di È l'amore. Leggendola, non è distante nei contenuti dall'Inno alla carità di San Paolo».

Nel disco c'è un elogio della radio.

«S'intitola Alza la radio. Anche se i ragazzini oggi vanno essenzialmente su YouTube o su altre piattaforme di streaming, la radio è ancora centrale in tante vite ed è decisiva nel formare l'opinione pubblica. L'idea di quel brano mi è venuta osservando tutti i giorni gli automobilisti in macchina. Tutti o quasi con la radio accesa. Anche io e mia moglie appena saliamo in auto accendiamo la radio».

E c'è anche un brano che minacciosamente si intitola Musica sotto le bombe.

«Lì c'è uno ska che si ricollega direttamente ai Police anche se è meno aggressivo».

Ma cosa rappresentano le bombe?

Rappresentano la minaccia di tutti i giorni. Noi viviamo metaforicamente sotto le bombe e abbiamo tanta melma intorno. Ma dobbiamo resistere. Questa è una canzone di resistenza per chi ha voglia di ripartire ogni giorno».

Prima del tour autunnale in Europa (il via da Monaco il 18 novembre) ci sarà una tappa all'Arena di Verona il 22 settembre.

«La mia dimensione preferita è il teatro dove il pubblico si vede in faccia, ma sto bene anche nei palasport, ovviamente. All'Arena suonerò per la terza volta e voglio preparare bene lo spettacolo».

Suonerà basso e chitarra?

«La verità?

Mi piace molto suonare, ma se uno suona dal vivo sul palco è obbligato a stare molto fermo. Io invece voglio muovermi, toccare le mani delle prime file, sentire il loro calore. E questo lo puoi fare soltanto cantando...».

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