Cultura e Spettacoli

Il caballero mascherato che "tira" da cent'anni

Il primo, storico film con Douglas Fairbanks uscì nel 1920. E creò un filone tuttora inesauribile

Il caballero mascherato che "tira" da cent'anni

Il marchio era irridente. Due tratti paralleli - entrambi da sinistra a destra - e uno obliquo a unirli, da destra a sinistra dall'alto in basso. In una parola, zeta. Campeggiava beffarda su tutto. La taglia fuori dall'osteria. Il tronco degli alberi. I vestiti. Perfino sulle natiche extralarge del sergente Garcia. Il nemico di Zorro e l'amico di don Diego de la Vega. Uno scacco che nasconde già un paio di segni particolari dello spadaccino più famoso della California. Don Diego è Zorro ma sono in pochi a saperlo. Nella trama, s'intende. E il panciuto soldatino ignora che l'uomo con cui va tanto d'accordo è il suo avversario dichiarato. Il doppio - l'uomo e il suo alter ego - s'innesta su due diversi livelli di conoscenza. A saperne di più rispetto ai personaggi della storia è lo spettatore o, se preferite, il lettore. Quale dei due, per il caballero mascherato, è indifferente. Compie cent'anni e un pugno di mesi non gli fanno certo effetto.

Dalla carta alla celluloide, ovvero dal libro al cinema. A inventarlo fu un mediocre scrittore di riviste popolari e commerciali, quel Johnston McCulley che nell'agosto del 1919 pubblicò su All story weekly un romanzo breve, intitolato La maledizione di Capistrano. Fu un successo immediato perché di quel gentiluomo con i baffi, che scherzava con i potenti e li infilzava a fil di spada sotto mentite spoglie, s'innamorarono un po' tutti. Fu così che la storiella fece l'ambizioso salto. Di lì a un annetto - era novembre del Venti, giusto un secolo fa - finì sul grande schermo. Il segno di Zorro, girato presto e bene da Fred Niblo, un reuccio al botteghino, arruolò una star dell'epoca nel ruolo di don Diego e del suo eroe. Douglas Fairbanks ne consacrò la fama, sua e letteraria. La United artists - fondata quell'anno dall'attore con la moglie Mary Pickford, l'amico del cuore Charlie Chaplin e il regista David Wark Griffith - lo produsse come uno dei suoi primi film.

Era ancora la stagione del muto e la serialità nessuno sapeva cosa fosse. Eppure, quei tempi non sospetti segnarono l'inizio dei sequel e nel '25 arrivò Don X, figlio di Zorro, sempre con Fairbanks protagonista. L'astuto gentiluomo e caballero, in sella al suo Tornado, faceva giustizia di soprusi e ingiustizie. Difendeva i deboli. Puniva funzionari corrotti e tirannici. Si beffava di ricchi e potenti, salvo poi mescolarsi a loro, facendosi burla degli sforzi di catturarlo. Insomma una sorta di Robin Hood americano, diventato icona di bellezza. Galanteria. Abilità. E soprattutto giustizia, nella terra dei peones oppressi dai latifondisti.

Già, il fascino. La Settima Arte, sensibile al gusto di piacere, scelse i sex symbol al maschile e, dopo Fairbanks, nel 1940 toccò a Tyrone Power mettersi il mantello nero, bendarsi il viso e salire a cavallo di Tornado. E nel '75 Duccio Tessari s'inventò Alain Delon nei panni di don Diego in un anno che vantò pure due rifacimenti in chiave di parodia. Zorro, l'inafferrabile, sarebbe stato identificato in Joaquin Murrieta - bandito indomabile o accanito patriota messicano, dipende dai punti di vista - che visse tra il 1829 e il 1853 un'esistenza temeraria e turbolenta. E Murrieta riconduce ad Antonio Banderas, con Anthony Hopkins tra i protagonisti più recenti del personaggio ne La maschera di Zorro del '98 e il sequel The Legend of Zorro del 2005. Il caballero era ormai popolarissimo. Merito anche di una serie televisiva prodotta dalla Disney tra il 1957 e il 1959 con Guy Williams che bambini di varie generazioni si sono trovati in casa. Compagno fedele di tanti pomeriggi dopo i compiti e prima di cena.

Quel galantuomo che si avvaleva di un maggiordomo muto ma non sordo, il fido Bernardo che origliava tutto e riferiva a gesti, aveva un cuore che batteva per la sua Lolita. Erano altri tempi. Don Diego voleva giustizia e non a caso giocava la parte del gentiluomo salottiero e quella del censore mascherato che metteva fine alle angherie. Il primo doppio della storia del cinema che avrebbe poi frequentato il tema, facendone indigestione. Zorro aveva fatto scuola. Chi ne aveva individuato un predecessore letterario in Sir Percival Blakeney, la famosa Primula rossa della baronessa Emma Orczy, non aveva potuto non notare che il cavaliere mascherato aveva messo al mondo un figlio celebre. Con Batman i punti di contatto sono molti. La crociata nel difendere gli oppressi. Il costume nero con la mantella. Tornado aveva perso la criniera ma acquistato quattro ruote. Il maggiordomo aveva preso la parola. Era un doppio. Si travestiva in una caverna. E aveva il nome di un animale. Zorro, la volpe.

Batman, il pipistrello.

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