Il capitano "Neri" e tutti i misteri della morte del Duce

Il capitano "Neri" e tutti i misteri della morte del Duce

Roberto Festorazzi è uno dei più assidui studiosi degli ultimi giorni di vita di Benito Mussolini e dei molti misteri relativi al destino delle carte che il Duce del fascismo portava con sé quando è stato catturato. Ora il giornalista/storico ritorna sul tema nel suo nuovo breve ed agile saggio: Il capitano Neri e la morte del Duce. Una tragedia avvolta nel mistero (il Silicio).

Il libro è revisionista anche rispetto alle tesi che lo stesso Festorazzi ha sostenuto per anni. Festorazzi ha a lungo sostenuto che nonostante quanto affermato dalla vulgata a fucilare Mussolini e Claretta Petacci fosse stato il partigiano comunista comasco Michele Moretti (1908-1995). Dopo aver attentamente studiato gli archivi conservati dalla famiglia del capitano Neri, al secolo Luigi Canali (1912-1945) è invece giunto alla conclusione che sia stato quest'ultimo a sparare la raffica finale verso il dittatore e la sua amante. Come spiega Festorazzi il bandolo della matassa è molto difficile da sbrogliare perché il Partito comunista, nella sua pretesa di prendere completamente il controllo della lotta partigiana, sia in termini pratici sia relativamente alla scrittura della Storia, ha da subito intorbidito le acque e favorito la nascita di una verità ufficiale.

Il saggio ricostruisce nel dettaglio tutti gli eventi che, a partire dall'uccisione del Duce, il 28 aprile 1945, portarono alla scomparsa di Neri pochi mesi dopo. La vita di quest'esponente di spicco della Resistenza si è conclusa quasi sicuramente a Milano il 7 maggio 1945. Sequestrato, a Como, la mattina di quel giorno, dai suoi carnefici, Canali venne portato a Milano, alla sede del Comando regionale garibaldino lombardo, in via Ampère, per chiarire la sua posizione. Da lì fu scortato nella vicina ex Casa del Fascio di via Andrea del Sarto. Lì, spiega Festorazzi, si era insediato il nucleo clandestino che il Pci aveva creato per liquidare tutti gli avversari interni. Neri sapeva troppe cose sia sulla morte di Mussolini sia sulla fine che avevano fatto la borsa di documenti, il denaro e l'oro in possesso di Mussolini al momento della cattura. Del resto anche la fidanzata di Canali, Giuseppina Tuisi, anch'essa partigiana e probabilmente a conoscenza dei fatti venne eliminata poco dopo, il 23 giugno 1945. Ma Festorazzi allarga anche l'orizzonte per raccontare uno dei momenti più violenti del post liberazione. Infatti come spiega «le purghe, a Milano, colpirono, a partire dal 6 maggio, i quadri che avevano deviato dalla retta via del dogmatismo di partito. Quel giorno, i giustizieri rossi, prelevarono dalla sua abitazione, e poi eliminarono, il segretario comunale di Settimo Milanese, il comunista Carlo Dossi detto Peppin. L'indomani, fu la volta del compagno Nicola Arpani, dirigente della 1ª Divisione garibaldina, di stanza a Milano. In un'escalation di micidiale violenza chirurgica, in pochi giorni, caddero Tellio Paganelli, Ernesto Garbagnati, della 113ª Brigata Garibaldi, Ernesto Cammi, Libero Besaglia, Albaro Dubois, e Angelo Mariani, della 185ª Brigata».

Chi erano i professionisti del colpo alla nuca che entrarono in azione in questa fase? Il loro capo era Ivo Moskovitz, di professione medico, nato a Budapest nel 1917, e tra i suoi uomini brillava Spartaco Cavallini.

Di certo le esecuzioni allarmarono gli Alleati, giunti a Milano il 29 aprile. I capitani britannici Fleethwood e Kaen, nel tentativo di porre un argine, il 28 maggio fecero scattare le manette ai polsi di Moskovitz. Ma ovviamente finì per cavarsela. A differenza di Neri.

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