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Che «esperienza» pulire il cesso d'oro

Diventa un caso la manutenzione della nuova opera d'arte di Cattelan

Che «esperienza» pulire il cesso d'oro

Che idea luccicante, splendente. Oro puro. Sì sì, così pensano (molti) critici del water d'oro, l'ultima creazione di Maurizio Cattelan, da mesi anticipata e discussa e ora (finalmente?) esposta al Guggenheim di New York. Che idea di m... pensano altri. Altri, nello specifico, deputati non ad ammirare la trovata del genio, l'originalità dell'artista, il messaggio globale; bensì incaricati di pulirla, giorno dopo giorno, «esperienza» dopo «esperienza»... E per pulirla, in questo caso, si intende proprio ripulirla: dai bisogni, liquidi e solidi (sì, sì, non è una immagine granché artistica) del pubblico in visita. Ci tengono a sottolineare, dal Guggenheim, che i visitatori avranno l'«opportunità unica e intima di ritrovarsi a faccia a faccia con l'arte», il tutto a costo zero, cioè incluso nel biglietto d'ingresso: e anche gli inservienti avranno questa opportunità «unica e intima», altroché, dato che, come ha spiegato il New Yorker (in un articolo peraltro entusiasta della installazione), l'opera d'arte andrà pulita «ogni quindici minuti», visto, si presume, che le «esperienze» saranno molte... Ma non è tutto, perché un'opera così preziosa richiede un trattamento di livello adeguato. Quindi, come ha spiegato al grande magazine Nathan Otterson, il responsabile della conservazione degli oggetti del Museo: «Cambieremo i materiali di pulizia che utilizziamo di solito... Il nostro personale delle pulizie userà strofinacci speciali, come le salviette mediche, che non hanno odore, colore o ossidanti. E abbiamo un pulitore a vapore, che useremo periodicamente. Il colore si modificherà, e quindi probabilmente dovremo rilucidare il water nel corso del tempo».

Va detto, a onore dell'abnegazione di Otterson (anche perché non toccherà a lui pulire le «esperienze»...) che non si è scomposto più di tanto, nel raccontare i guai che gli inservienti dovranno passare a causa del water d'oro. Otterson infatti ha detto di avere già lavorato con Cattelan alla retrospettiva del 2011: «Ho esperienza con lui, e un sacco di problem-solving» (Si spera, ecco, che non intendesse «esperienza» in quel senso). Però insomma, è abituato. A pulire cessi? Ma no, no, alle stravaganze e alle genialità dell'artista, si capisce. Cattelan da parte sua ha pure ironizzato: «Useranno strofinacci di Bulgari e detersivi Chanel».

Si sa, perché i critici l'hanno già spiegata e analizzata, che l'opera è un inno alla democrazia (si chiama America): lì, dentro la tazza d'oro, tutti fanno le stesse cose, e lì finisce tutto. Cesare Pavese, nella Luna e i falò, scopriva anche lui questa verità, quando scriveva: Silvia, così bella, cagava anche lei. Sì però, democraticamente, poi lei puliva il water da sola...

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