Partiamo dalla Storia, quella vera, anche se sembra già un romanzo. Il 14 giugno dell'anno del signore 1497 Giovanni Borgia, duca di Gandia e figlio illegittimo di Papa Alessandro VI, si aggira di notte per le strade di Roma. Prima era stato a cena a casa di sua madre Vannozza Cattanei. Alla festa erano presenti lo zio (e cardinale) Juan, il fratello (e cardinale) Cesare, il fratello minore Goffredo. Non la sorella Lucrezia, in ritiro spirituale. Poi Giovanni decide di abbandonare gli altri. Del resto è un habitué della vita notturna dell'Urbe. Ha paura? La Roma di allora era più pericolosa di qualsiasi favela di oggi e i Borgia avevano un sacco di nemici. Ma Giovanni è accompagnato dalla sua feroce guardia del corpo, un uomo che gira sempre mascherato e incute timore a chiunque. Quella note però non basterà. Giovanni e il suo guardaspalle scompaiono. L'allarme scatta la mattinata seguente e Alessandro VI, sconvolto, fa cercare il figlio per tutta la città. Su indicazione di un commerciante di legname, il corpo del duca, appena ventunenne, viene ripescato nel Tevere. È subito palese che non si tratta di un'aggressione per rapina: il tapino ha ancora 30 ducati d'oro nel borsello appeso alla cintura. Il cadavere presenta ferite da pugnale, alla testa, al collo, al corpo e alle gambe. Alessandro VI scatena una caccia all'uomo. Ma è inutile. Giovanni aveva tanti, troppi, nemici, tra cui persino suo fratello Cesare. E così gli aggressori materiali non furono mai rintracciati.
Proprio da questa vicenda, rocambolesca ma vera, parte il romanzo di Andrea Frediani che arriva in libreria in questi giorni: La spia dei Borgia (Newton Compton, pagg. 382, euro 10). Frediani, che ha fatto da consulente a molte riviste storiche, è un esperto di romanzi ambientati nel passato. Basti pensare alla sua trilogia Dictator, su Roma antica e le vicende di Giulio Cesare. Qui si sposta nell'Italia del Rinascimento e si serve per indagare sul mistero della morte di Giovanni Borgia di un investigatore molto particolare: Bernardino di Betto Betti, più noto come il Pinturicchio (1452 - 1513). Il Pinturicchio fu in effetti fra i pittori più attivi nella Roma del Papa Borgia. Dopo aver dipinto e abbellito il così detto Appartamento Borgia, tra il 1492 e il 1494, venne richiamato a Roma per decorare il torrione di Castel Sant'Angelo. Finì di affrescarlo e questi affreschi sono poi stati distrutti. Nel romanzo di Frediani il pittore perugino scopre una verità troppo sconvolgente per il Papa. E la nasconde proprio all'interno dell'affresco. Ma dire di più sarebbe rovinare la sorpresa al lettore.
Che invece nel romanzo troverà una trama ben costruita, dove realtà e fantasia si mescolano in modo alchemicamente perfetto e dove nessuno meglio di un artista si rivela adatto a spiare le mosse dei potenti. Di apprezzabile c'è anche il fatto che Frediani alla fine del libro pone una nota che separa i fatti dall'immaginazione. Nelle finzioni storiche ben fatte, e questa lo è, è sempre opportuno.
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