Chi è il miglior attore? Papa Francesco diretto da Wenders

Il regista presenta una lunga e stupenda intervista a Bergoglio su grandi temi, dalla morte all'ecologia

Chi è il miglior attore? Papa Francesco diretto da Wenders

da Cannes

Il miglior attore della settantunesima edizione del Festival di Cannes è quest'uomo alto e massiccio, sempre vestito di bianco, che illumina lo schermo e sembra rivolgersi direttamente a te, sorta di spettatore privilegiato. Solo che non recita, ma si limita a essere se stesso, si chiama Francesco e di mestiere fa il capo della Chiesa cattolica.

Presentato ieri fuori concorso, Francesco. Un uomo di parola è il bel film che Wim Wenders ha costruito intorno al Papa e al suo pontificato, una lunga intervista senza domande, perché le risposte funzionano da sole, inframezzata da spezzoni di documentari che ne ripercorrono la vita: vescovo di Buenos Aires prima, eletto al soglio pontificio dopo, i lunghi viaggi su e giù per il mondo, Africa e Asia, Stati Uniti e America latina, gli incontri con i malati, i carcerati, i profughi in fuga dalle guerre e dalla fame... Come una collana di perle che va via via sgranandosi, il film ne racconta il pensiero, i gesti, la parola: una chiesa più povera, la dignità dell'essere umano nel lavoro, la difesa degli umili e dei più deboli, la volontà e la capacità di ascolto, la fraternità, la lotta contro la miseria. Visti di seguito, sottratti alla contingenza degli avvenimenti, questi viaggi e le relative esternazioni disegnano un percorso lineare e coerente, dove la lezione di San Francesco d'Assisi agisce come un sottile filo rosso: la ricostruzione della casa del Signore da un lato, il Cantico delle creature, la Madre Terra come una risorsa e non un'occasione di sfruttamento dall'altro, l'amore per il prossimo a fare da cemento al tutto.

Film con Francesco e non su Francesco, faccia a faccia in cui Wenders intelligentemente si tira da parte per meglio rendere omaggio e/o esaltare il suo soggetto cinematografico, Un uomo di parola nasce da un'idea, tradottasi poi in invito al regista tedesco, di monsignor Dario Viganò, prefetto della Segreteria per la comunicazione della Santa Sede. «Il Vaticano mi disse che avrei avuto carta bianca racconta il regista -. Mi avrebbe aperto gli archivi e non avrebbe minimamente interferito sulle mie scelte. Ovviamente, ho detto di sì. Ci sono voluti due anni, quattro lunghi colloqui di persona con il Pontefice, una ripresa ad Assisi, perché mi interessava filmare la Basilica e il ciclo degli affreschi di Giotto relativo alla vita del Santo in questa conservato, e poi un lungo lavoro di montaggio».

Palma d'Oro nel 1984 per Paris-Texas, da anni Wenders affianca alla sua attività di regista di opere di finzione quella di documentarista, di cui Buena Vista Social Club e Il sale della terra sono i suoi risultati maggiori. Una quindicina d'anni fa, l'aver ricevuto il premio Robert Bresson come riconoscimento di un lavoro «compatibile con il messaggio del Vangelo» ne ha fatto fin da allora la figura più adatta per un film come questo.

Sorta di «viaggio iniziatico», co-realizzato dal Vaticano «al fine di presentare il lavoro di papa Francesco, così come le sue riforme e le risposte che egli dà rispetto a temi universali quali la morte, la giustizia sociale, l'immigrazione, l'ecologia, l'ineguaglianza economica, il materialismo o il ruolo della famiglia», il film è spesso attraversato da quello che è il suo sorriso e il suo senso dell'umorismo: «Tutte le mattine, dopo le Lodi, recito la preghiera del buonumore di San Tommaso Moro: Signore, dammi una buona digestione e anche qualche cosa da digerire...

Al suo quinto anno di pontificato, 246° sovrano pontificio, primo papa originario dell'America del sud («Sono venuti a prendermi all'altro capo del mondo», dirà nel suo primo saluto da san Pietro), primo gesuita nominato vescovo di Roma, primo capo della chiesa di Roma ad aver scelto il nome, appunto, che rimanda al Santo di Assisi, per un'ora e mezzo papa Bergoglio ci riconcilia con il mondo, ci illude di poter essere

più buoni in futuro di quanto lo siamo stati nel presente e nel passato, ci fa capire quante piccole e grandi cattiverie, sul lavoro, nella quotidianità privata, potremmo evitare di fare. Poi, purtroppo, il film finisce.

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